15 dicembre 2008

Intervista a Héctor García (Kirai)

Quando ho fatto il summer student al CERN, nel 2004, il mio compagno di stanza era Héctor, un ingegnere informatico di Alicante. Era appassionatissimo di Giappone e nel tempo libero studiava nuovi kanji. Aveva anche un blog dove raccontava le nostre avventure al CERN e durante i vari viaggi del fine settimana. Mi è subito sembrato una persona piena di risorse, ma non immaginavo che sarebbe diventato l'autore più famoso della "blogosfera" di lingua spagnola!

Héctor & Maso

Quattro anni dopo, durante un fantastico fine settimana a Barcellona (la città dove da sempre sogno di andare a vivere), ho trovato alla FNAC di Plaça Catalunya, una pila di libri intitolati "Un geek en Japón", il libro scritto da Héctor che racconta, con uno stile chiaro, essenziale e divertente (da vero scienziato direi) mille aspetti della società giapponese, un paese dove non sentirete mai rispondervi "no", una società super-tecnologica che però conserva ancora serie di valori tradizionali come la lealtà, la giustizia, il sacrificio o l'onore. Nel libro si parla di manga, dei treni giapponesi il cui ritardo medio negli ultimi 20 anni è di... 18 secondi... e di tante altre cose.

Vi presento qui, in esclusiva per l'Italia, un'intervista con l'autore!

Leggendo il libro di Héctor a Barcellona

Per cominciare, la domanda tipica: racconta la tua vita in quattro frasi.

Da bambino mi piaceva scoprire e imparare cose sempre nuove. Un giorno ho scoperto i computer e sono diventati un'ossessione per tutta la vita. Un altro giorno ho scoperto che esisteva un paese nel Lontano Oriente da dove venivano molti dei gadget che utilizzavamo in Europa ogni giorno, tra cui le console per i videogiochi. E anche il Giappone è diventata un'ossessione della mia vita. Queste ossessioni mi hanno portato in Giappone e a lavorare nell'industria di Internet a Tokio.

Héctor in meditazione

Negli ultimi anni, oltre a lavorare in un'azienda giapponese (dove sembra che si lavori molto) hai avuto il tempo di scrivere una media di un post al giorno nel tuo blog. All'improvviso, annunci che "nel mio tempo libero stavo scrivendo un libro". Dove trovi il tempo per fare tutte queste cose? Qual è il segreto?

La verità è che tutti abbiamo molto tempo libero. Solo che la maggior parte della gente non lo utilizza per "creare" ma per "consumare". È una questione di gusti e non credo che una cosa sia meglio dell'altra, sono maniere diverse di godersi la vita. Io amo entrambi gli aspetti, creare e consumare.

Perché il tuo blog si chiama "un geek in Giappone"? In che senso utilizzi la parola "geek" (che originariamente designa gli entusiasti che vogliono essere aggiornati su tutte le ultime novità tecnologiche)?

La uso nel senso più ampio possibile che sarebbe: "una persona con sete di conoscenza, di sapere come funziona tutto nel mondo".

Tornando al CERN, un anno dopo l'estate in cui ci siamo conosciuti, ho trovato molti spagnoli che avevano deciso di fare domanda per il programma di summer student dopo aver letto il tuo blog. Insomma eri già abbastanza famoso, tanto che qualcuno mi ha riconosciuto dalle foto che avevi messo sul sito. Uno di loro mi domandò, molto seriamente, se eri un "grande lavoratore". Naturalmente, pensando alle serate di quell'estate di continua "fiesta", mi sono messo a ridere. E adesso? Ti consideri uno che lavora molto?

Un gran lavoratore? :) Tu cosa consideri come un grande lavoratore? Beh, non so se grande o no, però sicuramente nel lavoro cerco di fare le cose al meglio però senza che questo implichi dei ritardi nella creazione di qualcosa. Credo che sia importante essere abbastanza perfezionista però senza esagerare, essere troppo perfezionista ti porta la maggior parte delle volte a non concludere niente.

Leggendo il tuo libro, ho imparato che nel mondo del lavoro giapponese (e in generale nella società) è molto difficile prendere delle decisioni perché si cerca sempre il consenso di tutte le parti, però alla fine le decisioni che si prendono sono solitamente buone. Ma non sono anche molto conformiste? Non succede che, sapendo che tutti devono essere d'accordo, ciascuno dice non quello che pensa davvero ma quello che crede che gli altri vogliano sentire?

Sì, hai ragione. Spesso tutti si uniformano a una sorta di meno peggio, e magari c'è qualcuno che avrebbe un'idea molto migliore però si adegua per non creare conflitti. L'idea è che non si debbano creare confitti e che tutto scorra. Credo che sia un concetto molto importante, perché ho visto delle aziende della Silicon Valley andare in malora per conflitti personali all'interno dell'azienda, ho visto anche aziende in cui si formano gruppi o bande e così via. Credo che sia abbastanza tipico in Europa e negli Stati Uniti. In Giappone è tutto molto più uniforme, un unico gruppo, come un'enorme barca che avanza insieme nella stessa direzione. Nelle aziende occidentali a volte la sensazione è che un'impresa sia composta da tante piccole barche che navigano tutte in direzioni opposte. Per esempio l'ultimo Microsoft Windows Vista sembra progettato da una flotta di mille barche tutte che viaggiano in direzioni differenti, e alla fine ottieni un prodotto scadente.
Il problema è che in Giappone perdono l'attimo al momento di sviluppare nuovi prodotti perché pensano troppo prima di muovere la barca su cui si trovano tutti e in questo modo vengono risucchiati dalla competenza straniera.

Il tuo blog è stato scelto varie volte come miglior blog spagnolo, conta un milione di visitatori al mese ed è uno dei 1000 blog più letti del mondo, la principale fonte d'informazione sul Giappone in lingua spagnola. Qual è la chiave per avere questo successo?

Non ho idea. Forse scrivere tutti i giorni e cercare di cambiare un po' i temi. Anche se quasi sempre parlo del Giappone, cerco sempre di cercare nuove prospettive o cose che interessano a molti settori del pubblico.

Per esempio, questo post che spiega come si fa a scrivere in giapponese con un telefonino è fatto per i geek tecnologici e per gli esperti della elaborazione del linguaggio, mentre questo che descrive l'urbanistica delle città giapponesi si rivolge agli architetti.

Telefonando

"Il silenzio è molto apprezzato dai giapponesi. È una delle prime cose che noti quando arrivi in Giappone, a volte sei circondato da migliaia di persone e ti rendi conto che nessuno sta parlando. Per esempio, quando ho scattato questa foto c'erano varie centinaia di passeggeri nel corridoio aspettando che arrivasse il treno, nessuno parlava, si poteva sentire il suono dei fogli di carta della gente che leggeva il giornale e all'improvviso "clack!" il suono dell'otturatore della mia macchina fotografica. Un suono che è stato ignorato da tutti, il "clack" della macchina fotografica si è perso nell'immensità del silenzio come se fosse una goccia nella pioggia; io ero nel mio mondo e loro erano ognuno nel suo" (da Il mondo dei keitai e il silenzio)


Mi sono accorto che una tecnica che usi spesso è di concludere gli articoli con una domanda al lettore, che così è spinto ad aggiungere i suoi commenti. Hai altri consigli?

Sì, non raccontare mai tutto quello che sai nell'articolo. Questa è una tecnica non solo per i blog, ma anche, in generale, per raccontare una storia: nei film e nei libri si usa pure la stessa tecnica. Devi lasciare il lettore con qualche domanda non risolta, lasciare che ognuno si formi la sua opinione. Nel mio blog non mi metto a congetturare o a esprimere opinioni personali, spiego dei fatti e lascio che i lettori discutano i dettagli nei commenti. L'idea è di fomentare la conversazione.

Un'altra tecnica è quella di alternare articoli più lunghi e culturali con altri più leggeri, con una foto divertente. L'idea è di imparare cose nuove sul Giappone in maniera rilassata.

Infatti, gli articoli del tuo blog si dividono tra gli articoli lunghi e interessanti che parlano della società giapponese e altri abbastanza "friki" (cioè diretti ai fan ossessivi delle nuove tecnologie). Poi ci sono le curiosità, le foto delle ragazze giapponesi e così via. Il secondo tipo di post è fatto per allargare il pubblico?

È anche perché a volte non ho tempo :). O quel giorno sono stanco e semplicemente metto una foto curiosa e lascio che la gente commenti. Spesso questi sono gli articoli con più commenti e mi ritrovo io ad imparare molte cose grazie ai commenti dei miei lettori.

Maria Ozawa

La Japanese Idol Maria Ozawa (un esempio di post usato per attirare il pubblico... maschile)

Un famoso giornalista e scrittore italiano, Tiziano Terzani, appassionato di Asia (fu il primo a raccontare la guerra in Vietnam passando il fronte e parlando con i Viet Cong, visse per anni in Cina prima di essere espulso per “attività controrivoluzionaria”) scrive a proposito della sua esperienza giapponese: “E poi non mi interessava se i giapponesi vendevano più televisori o meno. A me importava vedere che vita facevano gli uomini che producevano questi televisori, e questo aspetto era allucinante. [Il modo di vivere giapponese] era spaventoso. Orari di lavoro inconcepibili nelle fabbriche, nelle aziende. Nelle banche uno esce alle otto di sera e non va certo a casa, va con i colleghi della banca a bere nei bar fino a mezzanotte e a parlare di... banca! Mai un attimo di libertà. Queste società moderne non si possono valutare solo sulla base dell'efficienza della loro struttura economica, ma soprattutto dal tipo di uomo che producono e dal tipo di vita che gli fanno fare.”

È una grande verità! Però sembra che le nuove generazioni stiano cambiando un po' questo stile di vita completamente incentrato sull'azienda. Tuttavia, è ancora normale che durante la settimana gli uomini tornino a casa solo per dormire e stiano sempre o lavorando o bevendo con i colleghi di lavoro. Però, io ho sempre portato il mio stile qui in Giappone, non mi sono lasciato assorbire dal loro sistema :)

Ma i giapponesi, in generale, sono felici della vita che fanno?

Beh, negli indicatori di felicità il Giappone rientra nella media dei paesi industrializzati. Credo che siano relativamente felici, però conducono una vita estremamente solitaria. Il giapponese medio ha molti pochi amici e si ritrova con loro molto raramente, danno molta più importanza agli “amici” del lavoro che agli amici di una vita. In ogni caso, quando vogliono spassarsela i giapponesi sanno godere dei piaceri della vita (il che non significa che siano felici, perché come dice il Dalai Lama non si debbono confondere i piaceri con la felicità), sanno mangiare bene e godersi i piaceri dei bagni termali abbondanti che ci sono in Giappone grazie ai vulcani. Forse cercano tanti piaceri per liberarsi dallo stress che accumulano durante il lavoro.

In Giappone, quando conosci una nuova persona, è molto importante sapere in che ditta lavora e il suo livello, l'interazione deve essere molto formale. È molto difficile diventare amico dei giapponesi? Come si riesce a passare a un livello informale nelle relazioni interpersonali?

È un processo LENTO, molto lento. In occidente siamo abituati a farsi degli amici rapidamente, in Giappone ti può succedere di andare a mangiare con qualcuno tutti i giorni e che poi ti faccia una riverenza quando ti chiede un favore. Certo che quando riesci a diventare amico di un giapponese, è un amico fedele per tutta la vita.

Il capo di Héctor con una birra

Una volta terminate le presentazioni formali, per rilasciare la tensione i giapponesi utilizzano l'alcool per passare ad un livello informale nelle relazioni interpersonali. Mentre durante gli incontri formali bisogna assolutamente usare il tatemae, un concetto giapponese che indica il modo di adattare le opinioni individuali alle obbligazioni sociali, ci sono occasioni in cui è importante passare alla modalità honne, cioè a poter dire quello che si pensa davvero. L'alcool svolge un ruolo fondamentale per passare dalla modalità tatemae alla modalità honne. Un giapponese che ha bevuto un paio di birre è totalmente diverso da uno sobrio. (per saperne di più: Honne e Tatemae)


I giapponesi che vengono in viaggio in Europa ci sembrano molto strani. Sono molto organizzati, si muovono in gruppo, comprano tutti gli stessi souvenir e gli stessi vestiti. Li puoi trovare ovunque, anche nei paesini più sperduti. Chi sono i giapponesi che arrivano in Europa? Quelli più ricchi? E quando trovano, nelle loro vite così piene, il tempo per un viaggio così lungo?

Sì, il livello di vita dei giapponesi continua ad essere uno dei più alti del mondo. Quando escono dal Giappone si sentono abbastanza ricchi e spendono parecchi soldi. Normalmente, se viaggiano fuori dal Giappone lo fanno una volta all'anno, scattano tantissime foto e per il resto dell'anno non hanno più vacanze. Per loro l'Europa è come una specie di parco divertimenti, come se fosse una specie di Disneyland, vanno in Olanda a vedere mulini e fiori, a Parigi a vedere la torre Eiffel, in Italia a vedere Venezia e nel giro di una settimana ritornano in Giappone con un album di foto che sembrano scattate in un'"Europa in miniatura”!

Fai un po' di pubblicità al tuo libro e al blog. Il libro è stato tradotto in italiano? Si può trovare in Italia?

Ancora no. È in corso di traduzione e lo cambieranno abbastanza, la versione italiana sarà più una specie di guida di viaggio per il Giappone. Lo distribuirà Panini e sicuramente sarà disponibile a metà del 2009.

Per quanto riguarda il blog mi potete leggere in spagnolo su http://www.kirainet.com e in inglese su http://www.kirainet.com/english !

Grazie mille Héctor, e buona fortuna per tutto!

Credits: tutte le foto (tranne la mia di Barcellona) provengono da kirainet.com e possono essere riprodotte a condizione di citarne la fonte. La citazione di Tiziano Terzani è tratta da "La fine è il mio inizio" edito da Longanesi nel 2006. Le didascalie alle foto sono in parte adattamenti e traduzioni di alcuni post del blog di Héctor.

25 novembre 2008

Il test della Fondue

fondue
"L'assimilazione di uno straniero può dirsi riuscita quando il soggetto ha passato abbastanza tempo nel nostro paese senza essere notato". Questa è una delle battute iniziali di Die Schweizermacher (Les Faiseurs de Suisses), uno dei film di più grande successo al botteghino svizzero. Uscito nel 1978, è stato superato nella classifica dei film più visti in Svizzera solo nel 1997... da Titanic.

Il film, che vorrebbe essere ironico, ma risulta per lo più fondamentalmente razzista, racconta delle prove a cui devono sottostare gli stranieri che aspirano a ottenere la cittadinanza del "paese più bello, più pulito e più ricco del mondo". La procedura di naturalizzazione ancora oggi prevede una vera e propria inchiesta da parte delle autorità federali e cantonali, per assicurarsi che il candidato soddisfi le condizioni previste, cioè di essere integrato nella società svizzera, non compromettere la sicurezza del Paese e soprattutto di avere familiarità con il modo di vita, gli usi e i costumi sociali.

In alcuni piccoli cantoni di montagna, come ad esempio l'Appenzell Innerrhoden, ma anche nella civilissima Friburgo, quest'ultimo punto si risolve nel temibile test della fondue. Il candidato deve dimostrare di avere familiarità con questo pilastro della cultura svizzera, cioè con le... radici casearie della cultura elvetica. I tutori della legge e della pubblica moralità sono tenuti a riempire un formulario e annotare scrupolosamente le debolezze dell'esaminato, ad esempio:
  • Se il pezzo di pane viene perduto nel formaggio, la cittadinanza non viene concessa e bisogna aspettare quattro anni per presentare una nuova domanda.
  • Se per intingere il pane nel formaggio l'avventato candidato fa un movimento simile a quello di arrotolare gli spaghetti, viene bollato senza pietà come italiano e la richiesta viene inesorabilmente respinta.
  • Se al momento di estrarre il pane dalla zuppa di formaggio si producono degli spiacevoli filamenti e l'esaminato non è prontissimo a recidere sul nascere con un colpo secco il suddetto filamento, egli risulterà evidentemente incapace di adattarsi alla società elvetica e dovrà seguire un corso di rieducazione presso i ristoranti del cantone.
Si passa quindi alla prova di degustazione, in cui il candidato deve dimostrare di apprezzare la differenza tra la fondue vaudoise (100% gruyere) e la Moitié-Moitié (50% gruyere e 50% vacherine), tra la Jurassienne (100% Comté) e la Suisse centrale (1/3 Gruyère, 1/3 Emmental et 1/3 Sbrinz). Anche sapere che cavolo sia lo Sbrinz è un buon punto a favore.

Infine se il candidato dimostra di aver gradito la fondue e ha saputo apprezzarne la varietà, si passa alla prova finale che consiste nel sopportare un intero giornale radio svizzero senza commentare il fatto che dalla prima all'ultima notizia si parli esclusivamente di soldi.

Se anche quest'ultima prova è superata ed il candidato è accettato e naturalizzato dovrà presentarsi alla comunità davanti all'assemblea comunale ed infine otterrà gli invidiabili privilegi di ogni cittadino svizzero, come ad esempio l'obbligo di prestare servizio nell'esercito per cinque settimane all'anno. En guete mitenand!

04 novembre 2008

Quattro Novembre


"Al suo arrivo il presidente della Repubblica è stato salutato dal battaglione interforze schierato in Piazza Venezia e in suo onore è stato suonato l'inno di Mameli dalla banda dei carabinieri. È seguito l'alzabandiera, sempre sulle note dell'inno nazionale, mentre la salita sulla scalinata dell'Altare della Patria per deporre una corona d'alloro al milite ignoto è stata accompagnata dalla canzone del Piave. Infine, dopo l'onore ai caduti sulle note del "silenzio", Napolitano ha stretto la mano a Berlusconi e agli altri rappresentanti delle istituzioni."

...Così oggi sei il milite ignoto,
morto in guerra nessuno sa come,
dopo averci lasciato la pelle,
c'hai rimesso per sempre anche il nome.

Ma non sarai certo ignoto ai compagni,
che con te avran lavorato,
non sarai certo ignoto alla donna,
che ti avrà ogni notte aspettato.

Non sarai certo ignoto agli amici,
che ti avran dedicato le sere,
nel ricordo dei tempi felici
in cui potevano offrirti da bere.

Come sei invece ignoto a quelli,
per cui tutto ciò è stato un affare,
che cantando siam tutti fratelli,
ti ricordano intorno a un altare.

Come sei certo ignoto alle mani,
di quel vivo illustre da bene,
che verrà a sputare domani,
altri fiori sulle tue catene.

Claudio Lolli

30 ottobre 2008

La scoperta o l'ignoranza

Catalonia is not Spain

Il bellissimo album La découverte ou l'ignorance del gruppo bretone Tri Yann si conclude con la lettura con sottofondo musicale di uno scritto del giornalista Morvan Lebesque.
Un brano che - con le dovute differenze - può essere valido per altre realtà autonomiste, dalla Catalogna alla Corsica, dal Paese Basco alla Sardegna.
Certo, è importante salvaguardare la propria identità, senza mai però diventare uno di quei beati imbecilli che sono nati da qualche parte.

Il bretone è la mia lingua materna? No. Sono nato a Nantes dove non lo si parla. Sono quindi bretone? Veramente, credo di sì. Ma di razza pura? Che ne so e cosa importa?
Separatista? Autonomista? Regionalista? Sì e no... differente. Ma allora non mi seguite più. Cos'è che chiamiamo essere bretone? E prima di tutto, perché esserlo?

Francese di stato civile, ho un nome francese. Assumo in ogni momento la mia situazione di francese. La mia appartenenza alla Bretagna non è, al contrario, che una qualità facoltativa che posso perfettamente rinnegare o misconoscere.

D'altra parte l'ho fatto: ho ignorato a lungo di essere bretone...
Francese senza problema, mi tocca dunque vivere la Bretagna in più e per meglio dire in coscienza.

Se perdo questa coscienza la Bretagna cessa di essere in me.
Se tutti i bretoni la perdono, la Bretagna cessa assolutamente di essere.

La Bretagna non ha documenti. Non esiste che per il fatto che ad ogni generazione degli uomini si riconoscono bretoni.

In questo momento, dei bambini nascono in Bretagna. Saranno bretoni? Nessuno lo sa
A ciascuno, quando sarà adulto, LA SCOPERTA O L'IGNORANZA!
La foto proviene dalla East Side Gallery sul muro di Berlino!

07 ottobre 2008

Consigli siciliani

A cena, per un'esperienza indimenticabile:

Ristorantino
I SAPORI DEL MARE
Via Re Federico, 8 (zona piazza Lolli)
Palermo
Telefono: 091 322557
Prenotazione consigliata

Dagli antipasti misti al dolce passando per meraviglie come la pasta ai ricci, o la cernia all'acqua pazza. Accoglienza squisita e ospitale per un locale che punta alla fidelizzazione del cliente (impossibile non ritornarci)

Il miglior gruppo di musica da crociera del mondo

Gli AKKURA. Dopo il concerto a San Vito Lo Capo ci hanno accompagnato con la loro musica per tutta la Sicila.



A Palermo nel cuore del centro c'è un'antica focacceria

Imperdibile, di fronte alla chiesa più bella della città



Musica popolare per strada

Succede ancora. Il video non è un granché, visto che l'ho fatto io :)


11 settembre 2008

La realtà e la sua rappresentazione

Ieri sera tornando a Firenze dopo aver assistito alla diretta video del primo fascio di LHC (in realtà niente di particolarmente spettacolare: si vedeva solo un flash su uno schermo) ho notato in prima pagina della Repubblica (cartacea) una foto dell'esperimento CMS con la didascalia l'acceleratore LHC.

Allora ho pensato alla profonda differenza tra la realtà e la sua rappresentazione. Lasciando stare i discorsi moralistici sull'incompetenza dei giornalisti vi propongo solo un esempio concreto che riguarda la categoria dei contadini svizzeri (quelli che come dicono i cartelloni pubblicitari a Ginevra mettent le turbo).


La rappresentazione della realtà (foto da Repubblica.it)



La realtà (foto da Nepero.net)

05 settembre 2008

Prima pagina dalla fine del mondo


Ieri Giacomo ha lanciato un contest: disegna l'homepage di Repubblica.it in caso di fine del mondo.
Mi ci sono impegnato anch'io ed ecco qui il risultato:



Clicca sopra per ingrandire

Una sola nota: le frasi di Ratzinger sono assolutamente vere. Ho aggiunto solo le due parole in corsivo: "e lo vediamo oggi".
Bisogna naturalmente citare gli altri partecipanti al contest: oltre a Giacomo anche Leonardo (uno dei migliori blogger italiani, mi dicono, che è quello che ha avuto l'idea per primo).
Nota tecnica: La pagina è stata opportunamente spostata su altervista per non sovraccaricare il server di prato.linux.
Che dire... è sempre stato il mio sogno riuscire a uccidere un server (Debian per giunta!) grazie a un picco d'accessi...

02 settembre 2008

A che ora è la fine del mondo?

I quattro cavalieri dell'ApocalisseAnd I heard as it were the noise of thunder.
One of the four beasts saying "come and see",
and I saw, and behold a white horse.

(Johnny Cash, The man comes around)


"Abbiamo ora in collegamento la famosa astrologa Margherita Hack..."

"Semmai io sarei astrofisica!!"

Il famoso siparietto tra Margherita Hack e una impreparatissima conduttrice televisiva la dice lunga sulla cultura media dei giornalisti, soprattutto quando si sfiorano gli argomenti scientifici.

Il fatto che si parli tanto dell'eventualità che il 10 settembre il mondo finisca risucchiato da un buco nero prodotto da LHC, è preoccupante. Finché ne parla Repubblica niente da stupirsi (a quando la protesta di quelle nude per fermare LHC?) ma la stessa notizia è finita in prima pagina anche su Le Courrier, che sembrava quasi un giornale serio (almeno rispetto alla concorrenza...).

Certo anche senza addentrarsi nei dettagli della confutazione della tesi del prof. Rössler (tesi che oltre a essere errata è anche contraddittoria!), un giornalista avrebbe potuto almeno leggere questo semplice ragionamento (e c'è pure la traduzione in italiano!):
L’LHC, come altri acceleratori di particelle, ricrea i fenomeni naturali dei raggi cosmici
in condizioni controllate di laboratorio, permettendo il loro studio in maggiore dettaglio. I raggi cosmici sono particelle prodotte nello spazio cosmico, alcune delle quali sono accelerate fino ad energie molto superiori a quelle dell’LHC. L’energia e la frequenza con le quali raggiungono l’atmosfera terrestre sono state misurate in esperimenti per più di 70 anni. Durante i passati miliardi di anni, la natura ha già prodotto sulla terra tante collisioni quante ne produrrebbero circa un milione di esperimenti LHC – eppure il nostro pianeta esiste ancora. Gli astronomi osservano un enorme numero di grandi corpi celesti in tutto l’universo, ognuno dei quali è colpito dai raggi cosmici. L’intero universo porta a termine ogni secondo più di 10 mila miliardi di esperimenti analoghi all’LHC. La possibilità di una qualsiasi conseguenza pericolosa contraddice quello che gli astronomi osservano – stelle e galassie esistono tuttora.
Se ancora questo non vi convince cercherà di farlo John Ellis in questo video.

Per la stessa ragione per cui i giornali ospitano ogni giorno una pagina dedicata all'astrologia, preferiscono dare risalto a queste notizie allarmistiche sensazionali.
Il problema è che parlare di quello che succederà veramente il prossimo 10 settembre potrebbe risultare molto più noioso. Dovrebbero spiegare infatti che verrà fatto circolare il fascio nell'acceleratore ad una energia ridotta e soprattutto senza collisioni! Si dovrebbe anche spiegare che l'11 settembre è un giorno festivo (si chiama jeûne genevois, anche se nessuno digiuna!) e tutti ne approfitteranno per fare il weekend lungo. Quindi subito dopo la grande inaugurazione tutto il CERN sarà... in vacanza per quattro giorni.

PS. Giacomo mi ha battuto sul tempo e, non contento di arrivare secondo, gli ho anche rubato l'idea dei quattro cavalieri dell'Apocalisse. Sembra che chi lavora al CERN si senta moralmente tenuto ad esprimersi sull'argomento...

13 agosto 2008

Che cavolo stai dicendo, Eddie?

Per anni i fan dei Pearl Jam si sono chiesti cosa diavolo biascicasse Eddie Vedder nella canzone Yellow Ledbetter. La risposta in questo divertentissimo video:


Per delle ipotesi più serie sul significato di questi mormorii rimando naturalmente alle Canzoni contro la guerra.

13 luglio 2008

Vigliacco!

Vigliacco

Sono un vigliacco. Un vigliacco perché associo alle vuote parole retoriche di uno dei tanti politicanti che approvano le "guerre umanitarie" il volto di un ragazzo della mia età, morto in maniera tragica a causa delle scelte fatte da quelli che non mancheranno poi di "stringersi idealmente intorno alla sua bara".
Sono un vigliacco perché faccio notare che ad andare in guerra si rischia di morire. Perché oso solo pensare che una missione militare spedita a difendere gli interessi economici degli Stati Uniti non sia esattamente "qualcosa di concreto per migliorare il mondo". Oltre al coraggio e all'onore, mi manca insomma anche il pudore!

Esprimo le mie idee sulla pelle della gente? Cerchiamo di essere onesti: ho pubblicato su un blog una poesia, non ho ammazzato nessuno. Quelli che mandano la gente a morire, per poi presentarsi in prima fila, commossi, ai funerali, pronunciando senza pudore le loro boiate a proposito di "eroi della pace", quelli sono i veri vigliacchi.

La parola vigliacco deriverebbe secondo alcuni da Valachus, valacco, sarebbe cioè l'adozione nel vocabolario corrente di un insulto razzista. O forse solo "vagamente razzista", come scrive un altro simpatico e anonimo commentatore che mi dà del "radical schick" (che poi si scriverebbe radical-chic). Ebbene, da bravo intellettuale di sinistra che vive nella sua torre d'avorio, vi lascio riflettere sulle note di questa vecchia canzone...

17 maggio 2008

Nos parents anciens

"Il fenomeno di rapimenti di bimbi italiani da parte di nomadi o organizzazioni criminali non compare nei dati raccolti dalla polizia di Stato sui minori scomparsi. È invece una costante registrata dagli studiosi di leggende metropolitane."
(da Peacelink)


Les Tziganes

Vengono dal fondo del tempo
andando e poi tornando
gli zigani
Sono i nostri padri remoti
gli indo-europei
gli zigani
Cavallo magro e cane perduto
nella notte blu
quando passo non ho paura di loro

Sei nero come l'estate
quando il sole mi ha bruciato
O zigano,
Fai dei panieri di vimini
per avere un po' di quattrini
O zigano
il tempo t'ha abbronzato la pelle
d'oro e di rame
Il sole è geloso quando dormi

Hanno dei castelli viaggianti
Quattro ruote arredate di vento
gli zigani
Vanno trascinando il mio destino
Tra le linee della mano
Gli zigani
La felicità è un dolore
che abbiamo mancato
Corro anch'io per recuperarla

Cammini dai tempi dei tempi
la strada che scorre davanti
O zigano
che peccato hai commesso
per dover vagare così?
O zigano
Farei di tutto per andarmene
O zigano, prestami i tuoi peccati!

Les Tziganes - Léo Ferré



Ginevra Di Marco

14 maggio 2008

A Man We'll Soon Forget

Bill GatesLa prossima volta che Windows Vista vi si pianta, mentre installate Ubuntu, vi consiglio di canticchiare questa canzoncina che i Pearl Jam hanno dedicato al loro amabile concittadino.

Ci rimane male lo scemo
che scambia l'amore per una corvetta
pensa che avrà la ragazza
ma troverà solo il meccanico
cosa gli manca?
sta vivendo
un giorno che dimenticherà presto

Eccolo ancora una volta
il sole sta calando
sta spuntando la luna, ma lui è ubriaco ed urla
spingendo la gente
sta pisciando... sta vivendo...
un giorno che presto dimenticherà.

Conta i soldi tutte le mattine
è l'unica cosa che ancora lo eccita
chiuso a chiave in una casa gigante
è allarmante
la gente in città ride tutta di lui

Ci rimane male lo scemo
che scambia l'amore
con un buon stipendio
Sembra che quello che quel che guadagni in più
eguagli la solitudine che ottieni
e tutto torna
sta solo vivendo
un giorno che dimenticherà presto

Eccolo ancora una volta
non si sente nessun suono
è steso a terra morto
e stringe in mano le banconote
non ha mai lasciato andare i soldi

si sta irrigidendo
stiamo tutti fischiettando...
un uomo che dimenticheremo presto.


09 aprile 2008

Scatolette colorate

Little Boxes


Era il 1962 quando la folksinger Malvina Reynolds viaggiando a sud di San Francisco si imbatté, nella cittadina di Daily City, in un quartiere di casette colorate tutte uguali, costruite nel dopoguerra e abitate dalla nuova middle class americana.
Scrisse in meno di due ore una canzoncina, apparentemente leggera, che era in realtà un ritratto spietato dell'omologazione della società statunitense. Il termine gergale ticky tacky, che indica il materiale scadente con cui erano costruite quelle scatolette colorate, è perfino stato accolto nell'Oxford Dictionary che attribuisce l'origine della parola alla canzone.

Nel 1964 una versione cantata da Pete Seeger entrò addirittura nella top ten dei singoli più venduti. Nel 1971 Victor Jara la adattò in spagnolo con il titolo Las Casitas del Barrio alto.
Piccole scatole sulla collina, piccole scatole fatte di ticky tacky
Piccole scatole sulla collina, piccole scatole tutte uguali
Ce n'è una verde ed una rosa ed una azzurra ed una gialla
E sono tutte fatte di ticky tacky e si assomigliano tutte.

E la gente nelle case è andata tutta all'università
Dove sono stati messi in delle scatole e sono usciti tutti uguali
e ci sono i dottori e ci sono gli avvocati, e gli uomini d'affari
e sono tutti fatti di ticky tacky e si assomigliano tutti.

E tutti giocano sul campo da golf e sorseggiano i loro Martini dry
e hanno tutti dei bei bambini, e i bambini vanno a scuola
e i bambini vanno al campo estivo e poi all'università
Dove vengono messi in delle scatole ed escono tutti uguali.

E i ragazzi fanno carriera e si sposano e mettono su famiglia
in delle scatole fatte di ticky tacky e si assomigliano tutti.
Ce n'è una verde ed una rosa ed una azzurra ed una gialla
E sono tutte fatte di ticky tacky e si assomigliano tutte.


16 marzo 2008

Powers & Supplies: 8. The Path to the truth

“How often have I said to you that when you have eliminated the impossible, whatever remains, however improbable, must be the truth?”
(Sherlock Holmes)
Water Tower

Châteuau d'eau è il poetico nome francese per quella torre di un giallino stinto che, dal punto più alto all'interno del perimetro del CERN, serve da riserva d'acqua per tutto il complesso. Ai suoi piedi sorgono delle baracche attrezzate ad ufficio, niente di particolarmente fantascientifico, ed è lì che il sospettato numero uno, Konrad Reinhard, svolgeva il suo tranquillo ruolo di programmatore. L'ispettor Varrin ed il professor Garrigs, a bordo di un furgoncino bianco con le insegne del CERN, si scambiavano le ultime impressioni prima di scendere ad affrontare il presunto colpevole.

"Ispettore, mi raccomando, proviamo a condurre questo interrogatorio senza pregiudizi, e non pensando di avere in tasca la verità"
“Ma come,” replicò Varrin, “pensa ancora che siamo così lontani dalla soluzione?”
“Ci siamo vicinissimi,” disse Garrigs, “ma non so a quale.”
“Quindi non ha una sola risposta alle nostre domande?”
“Ispettore, se l'avessi insegnerei fisica teorica a Berkeley.”
“A Berkeley hanno sempre la risposta vera?”
“Mai, ma sono molto sicuri dei loro errori.”
“E lei,", chiese l'ispettore con impertinenza, "non commette errori?”
“Spesso,” rispose, “Ma invece di concepirne uno solo ne immagino molti, così non divento schiavo di nessuno.”

All'interno della baracca trovarono ad aspettarli una scena abbastanza singolare. Konrad Reinhard stava discutendo con i colleghi a proposito di un qualche termine tecnico.

"Per questo", spiegava Reinhard con aria supponente, "serve un TCO. Ma scommetto che non sapete cosa sia un TCO..."
"Beh..."
"Chiaro, un TCO è un TLA!", rispose prontamente l'ispettore senza nemmeno salutare.
"E che cos'è un TLA?"
"Three Letter Acronym!", rispose prontamente Varrin con una certa soddisfazione.
"Ah, d'accordo. Comunque un TCO è, nello specifico, un Transparent Clickable Object, un artificio utilizzato nel progetto di moderne interfacce utente per far sì che cliccando su una certa regione a cui pare non sia associato alcun oggetto si ottenga un feedback... Scommetto che lei, ispettore, non lo sapeva..."
"No, non lo sapevo, ma vivo bene lo stesso. Se non le dispiace adesso sono io che vorrei farle qualche domanda."
"Ancora?"
"È vero che lei ha preso contatto con la signora Pereira dell'agenzia immobiliare Semor Fernet a proposito di un appartamento in affitto a Meyrin?"
"Sì, quella bast... quella simpatica signora... Cioè... è stata in effetti un'esperienza terribile... io volevo venire ad abitare più vicino a Ginevra per godermi la vita della città. Ha presente, ispettore, le feste sulla spiaggia di Geneva on line, i party delle Nazioni Unite, la SIP, quella discoteca veramente fichissima, ma così in che a me non m'hanno mai fatto entrare... Insomma, volevo cambiare casa, ma dopo aver fatto trenta richieste che mi sono state TUTTE rifiutate mi sono rassegnato a rimanere nel mio monolocale, tra Chevry e Echenevex, a guardare dalla finestra le mucche al pascolo."
"E si potrebbe quindi affermare che lei prova del risentimento verso la signora Pereira..."
"Quella schifosa... che arrivava parcheggiando la Smart sul marciapiede, senza nemmeno toglierla quando l'addetto alle pulizie doveva passare... che tutte le settimane mi diceva... 'sicuramente lunedì prossimo avrà la risposta, monsieur Reinhard', ed ogni volta..."
"Basta così, grazie. E cosa ci sa dire", incalzò l'ispettore pregustandosi l'effetto delle sue parole, "di un gioco da tavola chiamato Roborally?"
"Fantastico, molto divertente. In questo gioco ogni giocatore ha varie carte che permettono di muovere il proprio robot, farlo girare a destra o a sinistra, tornare indietro, eccetera quindi si devono programmare le proprie mosse - è un gioco adatto ai programmatori, ma quelli seri, quelli che sanno cos'è un TCO - e muoversi attraverso un percorso costellato d'ostacoli, stando anche attento ai robot degli altri giocatori che possono spingerti, sparare..."
"Come pensavo, lo conosce a menadito. Immagino anche che non le sarà sconosciuto il significato della parola unglaublich!"
"Das ist unglaublich! Chi gliel'ha insegnata? vuol dire incredibile in tedesco. In effetti è incredibile che lei mi faccia delle domande del genere."
"Dove si trovava la notte tra il 23 e il 24 giugno 2007?"
Mentre l'ispettore pronunciava queste parole e l'imputato esitava a rispondere, il professore notò che Varrin si stava guardando intorno come se fosse già stato in quell'ufficio e stesse cercando di ritrovare qualcosa che era stato cambiato di posto. Infine lo sguardo dell'ispettore si fissò su una delle scrivanie e Garrigs vide nei suoi occhi quella stessa espressione del giorno prima, folle e inquietante. Ma subito l'ispettore si ricompose e tornò a squadrare Konrad Reinhard, che ancora non aveva risposto alla domanda.

Diagrammatica"Dunque non ne ha idea?", e quasi distrattamente raccolse dalla scrivania un libro. Si trattava di Diagrammatica: The Path to Feynman Diagrams di Martinus Veltman. Varrin lo aprì alla pagina indicata da un segnalibro e, con visibile soddisfazione, posò il voluminoso manuale sul tavolo ed estrasse dalla borsa una serie di foto scattate sul luogo del delitto. Scelse quella dove si poteva vedere la schiena nuda della vittima, orrendamente marchiata a fuoco.

"Ouh la-la", esclamò l'ispettore, "penso, signor Reinhard, che lei ci dovrà spiegare questa spiacevole coincidenza".
La figura alla pagina aperta sul tavolo rappresentava un diagramma in cui un elettrone ed un positrone si annichilano in un fotone virtuale, con tutto quello che ne consegue. Anche ad un profano risultava evidente che il diagramma corrispondeva esattamente al tatuaggio sul corpo della signora Pereira.

"Cosa vorrebbe insinuare ispettore? Quel libro non è mio! Io lavoro sì al CERN ma mi occupo di fare sistemi di controllo, interfaccine grafiche per accendere e spegnere i power supply, ho studiato fisica ma le assicuro che la Quantum Field Theory non l'ho mai capita fino in fondo... quell'esame proprio non mi piaceva..."
"E di questo cosa mi dice?". Dal cassetto della scrivania Varrin estrasse un saldatore portatile. "La dimensione sembra corrispondere esattamente...".

Il professor Garrigs provò a immaginarsi la scena. Reinhard con gli occhi iniettati di sangue che, in cerca di vendetta, trascinava la sua vittima, la legava, la marchiava a fuoco con un saldatore copiando fedelmente un diagramma di Feynman dal libro preso in prestito in biblioteca, quindi la strangolava con un cavo a bassa impedenza e la impiccava ad un rack dei power supplies, proprio quelli per cui stava scrivendo il sistema di controllo (anche se pareva di capire che il contributo di Konrad al progetto fosse piuttosto modesto) poi, senza alcuna apparente ragione, apriva una scatola del suo gioco da tavola preferito, sparpagliava i robottini scrivendo la stessa parola che usava continuamente come esclamazione, per poi lasciare nel proprio ufficio degli indizi fin troppo inequivocabili. Sembrava un comportamento troppo stupido, troppo stupido persino per uno come Konrad Reinhard. E se fosse stata organizzata una montatura per incastrarlo?

(8 - continua...)

23 febbraio 2008

Società e socialità

Into the wild

Fa riflettere la fuga del protagonista di Into the wild da questa folle società. Perché nella foga di scappare sembra voler abbandonare, insieme alla società, anche ogni forma di socialità. Ed è questa stupida testardaggine a condurlo a una fine tragica.

Rimangono le immagini della natura, rimangono i ritratti delle persone incontrate lungo la strada, rimane impressa soprattutto la voce di Eddie Vedder che, come molti avevano già capito, nasconde dietro al ruolo del rocker duro e puro un'anima di cantautore. Il percorso che lo porterà a diventare il nuovo Phil Ochs è già cominciato. E devo dire che non mi dispiace affatto.

La canzone che accompagna la fuga di Christopher McCandless dalla società è stata scritta dal folksinger californiano Jerry Hannan.

È un mistero per me
Abbiamo un'avidità, che abbiamo accettato
E pensi di dovere per forza desiderare più di quello di cui hai bisogno
Finché non avrai tutto, non sarai libero

Società, sei una razza folle
Spero che non ti senta sola senza di me

Quando desideri più di quello che hai, pensi di averne bisogno
Quando pensi più di quanto vuoi, i pensieri cominciano a sanguinare
Penso di aver bisogno di trovare un posto più grande
Quando hai più di quanto pensi, hai bisogno di più spazio

Società, sei una razza folle
Spero che non ti senta sola senza di me

Società, folle davvero
Spero che non ti senta sola senza di me

Ci sono quelli che pensano più meno, meno è più
Ma se meno è più, com'è che tieni i punti
Vuol dire che per ogni punto che fai scendi di livello
Un po' come se partissi dalla cima
e non puoi farlo

Società, sei una razza folle
Spero che non ti senta sola senza di me
Società, folle davvero
Spero che non ti senta sola senza di me
Società, abbi pietà di me
Spero che non ti arrabbierai se non sono d'accordo
Società, folle davvero
Sperò che non ti senta sola

Senza di me...

20 febbraio 2008

Epitaph

In The Court of The Crimson King
Il muro su cui scrissero i profeti
Si sta rompendo alle giunture
Sotto gli strumenti di morte
La luce del sole splende raggiante
Quando ogni uomo è fatto a pezzi
Con gli incubi e con i sogni
Ci sarà qualcuno che poserà la corona d'alloro
Mentre il silenzio sommerge le grida?

Tra i cancelli di ferro del destino
Vennero seminati i semi del tempo
e bagnati dagli atti di coloro
Che conoscono e che sono conosciuti
La conoscenza è un amico mortale
Quando nessuno fissa le regole
Il destino dell'intera umanità, per quel che vedo
È nelle mani degli idioti

Confusione sarà il mio epitaffio
Mentre striscio per un cammino crepato e sfasciato
Se ce la facciamo possiamo sederci tutti
E ridere
Ma ho paura che domani piangerò
Sì, ho paura che domani piangerò

Il rock progressivo può anche essere pesante e pretenzioso ma In the court of the Crimson King è uno di quegli album che puoi ascoltare e riascoltare trovando sempre qualcosa di nuovo.

E quel futuro da incubo descritto nei testi di Peter Sinfield non smette di essere inquietante. "Il destino dell'umanità nelle mani degli idioti". Non è il futuro, è il presente!

14 febbraio 2008

Elogio dell'ellepì

Alcuni album

Per favore non chiamateli "vinili". Sarebbe un po' come chiamare i compact disc "resine termoplastiche". Cosa che magari succederà tra qualche tempo, quando anche questo tipo di supporto digitale sarà soppiantato dagli onnipresenti iPod, lettori mp3, memorie flash portatili, musica in rete e chissà cos'altro...

Chiamiamoli piuttosto ellepì, italianizzazione d'altri tempi per Long Playing, perché suonano a lungo, a differenza dei 45 giri che si esauriscono nel giro di una canzone. Oppure 33 giri, o semplicemente "album", perché l'album è il disco, con quell'ordine delle canzoni, con un "lato A" ed un "lato B".

È piacevolmente anacronistico lasciare da parte il DVD con la raccolta delle discografie complete (che non avrai mai il tempo di ascoltare) e soppesare il vecchio disco, leggere le note di copertina senza bisogno di lenti di ingrandimento, ed infine far partire il giradischi e aspettare il rumore della puntina che scende sui solchi.
E chi se ne frega degli eventuali fruscii, sono piacevoli e armonici, niente a che vedere con il fastidioso e monotono rumore di sottofondo delle musicassette.

Al marché aux puces di Plainpalais, a Ginevra, si trovano, in mezzo a montagne di cianfrusaglie, tantissimi dischi usati a prezzi che vanno dai 3 ai 10 franchi (2-6 euro). Consigliatissimo passarci un sabato mattina.

mercato di Plainpalais

Non ci sono brani da "skippare" velocemente negli LP: troppo complicato spostare la puntina sulla prossima traccia... tanto vale ascoltare anche la canzone che al primo ascolto piaceva meno, per poi scoprire che è la tua preferita... i dischi, quasi più di eMule, permettono di allargare i propri orizzonti musicali.

Ha ragione Ernesto Assante nel suo appello ai discografici: smettete di vendere pezzi di plastica. Il rapporto tra il valore di un LP e quello di un CD è del tutto proporzionale alle rispettive dimensioni.

Rimmel

26 gennaio 2008

15 minutes of fame

Che questo blog venisse addirittura citato in un articolo su La Repubblica proprio non me lo sarei aspettato... e soprattutto non avrei mai immaginato che succedesse grazie ad uno con questa faccia qui:

Mastella

È stato un grande piacere, comunque, partecipare allo "sputtanamento di Clemente Mastella" e approfitto finché i riflettori sono ancora puntati su questo blog per riportare due commenti, non miei.

Il primo è di Simone, che si chiede se il giornalista di Repubblica quando ha visitato il mio blog abbia letto anche il discorsino che riguardava il suo giornale. Probabilmente no.

Un commento (anonimo) arrivato sul blog fa invece giustamente notare il desolante silenzio dell'aula.
Possibile che tra tutti i cosiddetti intellettuali che siedono in Senato, tra questi uomini di cultura, magari pure comunisti o ex comunisti che dovrebbero avere la poesia di Neruda nel cuore, non ce ne sia stato uno, almeno uno, che si sia alzato ad urlare: "A Cleme'! Se questa poesia è di Neruda io so' er Papa!"?

Ma, a parte questo, vi starete forse domandando dove si trovasse il nostro eroe durante i suoi warholiani quindici minuti di celebrità. Accerchiato dai fan a firmare autografi o in una conferenza stampa prontamente convocata?
Macché!

Era nascosto, probabilmente per sfuggire ai picciotti di Mastella, a cento metri di profondità, arrampicato sulle impalcature all'interno del rivelatore CMS, intento a connettere cavi ad una scatola con tante resistenze per testarli, una roba che in gergo si chiama PP1 checkout.

Maso sull'impalcatura di CMS 1

PS. Si noti la contraddittorietà del "no global": una maglietta antimilitarista che recita "l'esercito: uccide, inquina e rende coglioni" e poi il marsupio della Nike, nota multinazionale malvagia. A sua discolpa possiamo dire che l'ha comprato dieci anni fa senza pensarci ma oggi non lo farebbe mai più.

Aggiornamento: una fantastica Luciana Littizzetto reinterpreta "Lentamente muore"




Lentamente muore… chi non cambia marcia.
Lentamente muore chi non mette la freccia quando svolta.
Lentamente muore chi non tira il freno a mano in discesa,
chi sbaglia nell'usare la fresa,
chi gli casca in testa un'obesa, la casa o la torre di Pisa.
Muore lentamente chi non fa come la Marcuzzi
e se non riesce ad andare in bagno se la tiene tutta dentro.
Muore lentamente chi non si leva prontamente
da sotto il casco della permanente.
Muore più velocemente chi mette le dita nella presa di corrente,
chi non si sposta quando cascano le piante
E chi mangia le amanite velenose al ristorante.
Muore lentamente tanta bella gente…
Ma c'è anche, e tu lo sai,
una banda di coglioni che non muore mai!

25 gennaio 2008

Finita in farsa

Naturalmente non poteva che finire in farsa. Un ministro della giustizia indagato per corruzione, che si difende attaccando e accusando la magistratura di volerlo colpire perché lui rappresenta i "valori cattolici". Notoriamente in Italia i cattolici sono perseguitati. A partire dal grande capo, quello a cui viene sistematicamente negata la libertà di parola.

Mastella non è stato il primo ministro della giustizia corrotto, né sarà l'ultimo. Ma almeno una volta queste vicende finivano in tragedia, con discorsi solenni e citazioni colte.

Non con un ministro che legge in senato una falsa poesia di Neruda...

La satira è ormai superflua! La realtà l'ha ampiamente superata. Esilarante.

Grazie a Giacomo per la segnalazione!

21 gennaio 2008

Powers & Supplies: 7. Probabilmente è così

"Die Quantenmechanik ist sehr Achtung gebietend. Aber eine innere Stimme sagt mir, dass das noch nicht der wahre Jakob ist. Die Theorie liefert viel, aber dem Geheimnis des Alten bringt sie uns kaum näher. Jedenfalls bin ich überzeugt, dass der Alte nicht würfelt."

("La meccanica quantistica è degna di ogni rispetto, ma una voce interiore mi dice che non è ancora la soluzione giusta. È una teoria che ci dice molte cose, ma non ci fa penetrare più a fondo il segreto del grande vecchio. In ogni caso, sono convinto che il Vecchio non gioca a dadi con il mondo.")
(Albert Einstein, lettera a Max Born, 12 dicembre 1926)

Lavagna CERNAncora una volta l'ispettore Varrin si era perso tra i corridoi del building 3, uno degli edifici più vecchi del CERN, e non poteva fare a meno di interrogarsi sul significato degli strani simboli disegnati sulle lavagne appese ai muri. I piccoli uffici si distinguevano solo grazie alle vignette (Dilbert di Scott Adams andava per la maggiore) e alle battute appese accanto al nome dell'occupante. Ma ecco finalmente l'ufficio del professor Garrigs, riconoscibile dalla massima inconfondibile che campeggiava sulla porta:

La teoria è quando si sa tutto e niente funziona.
La pratica è quando tutto funziona e non si sa il perché.
Qui abbiamo messo insieme la teoria e la pratica:
non funziona niente e non sappiamo perché!

"Permesso, professore..."
"Entri pure Varrin, e complimenti per i progressi nelle indagini. Ho letto proprio stamattina sulla Tribune de Genève che si è scoperta l'identità della vittima. Titolavano a tutta pagina: È una dipendente dell'agenzia immobiliare Semor-Fernet la vittima del brutale assassinio al CERN"
"Proprio così, professore. Devo ammettere che tutte le mie congetture strampalate erano in realtà prive di fondamento. Come lei mi ha insegnato in questi mesi, ho imparato a non formulare ipotesi che cadono nelle code delle gaussiane, ho smesso di correre dietro a questi eventi con probabilità molto bassa.
Mi sto concentrando invece sul movente, che con tutta probabilità deve essere legato alla professione della vittima. Per questo motivo mi sono posto la domanda chiave: chi è che odia gli agenti immobiliari svizzeri?"
"Forse la domanda giusta sarebbe chi li ama? no... dico... se vogliamo restringere un po' il cerchio dei sospetti."
"Beh ammetterò che neanche a me sono particolarmente simpatici, ma questo non vuol dire che sarei pronto a ucciderli tutti, naturalmente. Anche se nel nostro mestiere, professore, si impara che tutto è possibile.
Ieri ad esempio un italiano aveva lasciato l'automobile esattamente in mezzo a due linee di rotaie del tram, rischiando di paralizzare tutto il traffico della stazione di Cornavin. Però dopo si è scoperto che i due tram potevano entrambi transitare, passando ognuno a meno di due millimetri da ciascuno specchietto retrovisore. Una combinazione che io avrei ritenuto se non del tutto impossibile, almeno altamente improbabile. Questo per dirle che in linea di prinicipio non sarebbe impossibile che io soffra di una doppia personalità" - a questo punto l'espressione dell'ispettore si fece enigmatica, gli occhi velati di un'ombra di follia, la bocca contratta in una smorfia assassina - "e, dietro l'apparenza di innocuo ispettore, celi in realtà un pazzo criminale, capace di impiccare una donna innocente utilizzando i cavi di alimentazione del tracker ma..." e qui l'espressione di Varrin si ricompose in un pacato sorriso "...tutto questo è, ne converrà, altamente improbabile!"

"Vede ispettore, da quando noi fisici abbiamo rinunciato a descrivere il mondo in maniera deterministica, da quando abbiamo accettato che Dio gioca a dadi in continuazione, per non parlare del gatto di Schrödinger, povera bestia, che non si sa se sia vivo o morto finché non si apre la scatola... beh... a volte evitiamo di dire ai profani tutta la verità. Perché questo provocherebbe il panico. Ad esempio, vede questa penna sulla mia scrivania?"
"Sì certo"
"Ebbene, secondo la meccanica quantistica c'è una certa probabilità - una probabilità piccolissima eppure maggiore di zero - che questa penna sparisca, attraversi il tavolo e riappaia sul pavimento, comportandosi come un'onda. Si chiama effetto tunnel. Naturalmente la probabilità è così ridicolmente bassa che per semplicità ignoriamo completamente che questo evento possa verificarsi e continuiamo a scrivere con le nostre bic senza pensare che ci possano sparire di mano. E quando non troviamo più la penna pensiamo che sia stato il nostro compagno d'ufficio a fregarcela. In effetti nessuno ha mai visto una penna sparire da un tavolo e ricomparire per terra... tuttavia..."
"Lasciamo stare questi tuttavia, professore, e torniamo con i piedi per terra. Ho svolto delle normalissime e noiosissime indagini e mi sono informato, prima di tutto, su quali documenti sono necessari per presentare una domanda per ottenere un appartamento in affitto. Solo per fare una domanda, badi bene, non è assolutamente detto che poi le diano la casa."
"Via, cosa servirà? un documento d'identità e un contratto di lavoro..."
"Come la fa semplice... Bisogna presentare: una copia del contratto di lavoro che attesti uno stipendio proporzionato al costo dell'affitto e di durata appropriata, le ricevute degli ultimi cinque stipendi, le coordinate bancarie di un conto su una banca svizzera che sia coinvolta in almeno tre grandi circuiti internazionali del mercato delle armi, se extra-svizzero un permesso di soggiorno di tipo B, F o C ed infine un attestato che certifichi che né lei né nessuno dei suoi parenti fino al quinto grado ha mai avuto un debito di più di venti franchi nella Confederazione."
"Sta scherzando?"
"No, è quasi tutto vero. Inoltre l'agenzia non ammette che la stessa persona possa fare domanda per due case diverse. E da quando si fa domanda a quando si riceve la risposta possono passare anche più di due settimane!"
"Ispettore, abbiamo trovato il movente! Chiunque sia sottoposto a questa trafila avrebbe un ottimo motivo per uccidere il responsabile delle sue disgrazie!"

Due giorni dopo Laurent Varrin si ripresentò nell'ufficio del professor Garrigs. Stavolta aveva sbagliato strada solo una volta. Aveva in mano un foglio con una lista di nomi, uno dei quali era evidenziato in rosa shocking.
"Professore, abbiamo in pugno l'assassino. Ho qui la lista delle persone che hanno fatto domanda per un appartamento in affitto presso l'agenzia Semor Fernet e hanno avuto contatti con la vittima, la signora Fernanda Pereira. Naturalmente nessuna delle persone in questa lista ha ottenuto l'agognato contratto d'affitto. I tre appartamenti disponibili sono stati assegnati ai signori João Pereira, Marcelo Pereira Da Silva e Vicente Pereira. Non si tratta, come potrebbe pensare, di favoritismi all'interno di una famiglia: c'è una grande comunità portoghese qui a Ginevra, e tre quarti dei portoghesi fanno Pereira di cognome. In questa lunga lista c'è solo una persona collegata con il CERN. Il nome evidenziato."
"Konrad Reinhard."
"Esatto, una nostra vecchia conoscenza. Non sarà un neo-nazista in cerca del Santo Graal, ma sicuramente è lui l'assassino!"
"Sicuramente? Diciamo piuttosto che probabilmente è così!"

(7 - continua...)

04 gennaio 2008

Una ballata assassina

Murder Ballads è il titolo di un album di Nick Cave, che reinterpreta un antico genere del folk anglosassone, quello delle ballate che raccontano di crimini passionali, spesso dando voce agli assassini e alle loro vittime.

Where the wild roses grow (dove crescono le rose selvatiche) è la canzone più famosa e forse più bella dell'album, in duetto con Kilye Minogue, allora quasi sconosciuta fuori dall'Australia.

Kylie Minogue interpreta Elisa Day

Uno strano destino quello degli assassini: se sono italiani sono invariabilmente colti da un raptus di follia, se sono rumeni sono un tumore da estirpare e la loro colpa viene estesa ad un intero popolo, se sono inglesi, americani o australiani diventano i protagonisti di bellissime ballate...
Mi chiamano la Rosa Selvaggia
ma il mio nome era Elisa Day
Perché mi chiamino così, non lo so
perché il mio nome era Elisa Day

Dal primo giorno che la vidi ho capito che era lei
Mi ha guardato negli occhi e ha sorriso
perché le sue labbra erano del colore delle rose
che crescevano lungo il fiume, color del sangue e selvagge

Quando ha bussato alla mia porta ed è entrato nella stanza
il mio tremore si fermò nel suo abbraccio sicuro
Sarebbe stato il mio primo uomo, e con mano gentile
asciugò le lacrime che mi scorrevano sul viso

Il secondo giorno le portai un fiore
era più bella di qualsiasi donna che abbia mai visto
Le dissi "Sai dove crescono le rose selvatiche
Così dolci e scarlatte e libere?"

Il secondo giorno lui arrivò con una sola rosa rossa
Disse: "Vuoi darmi la tua sconfitta e il tuo dolore?"
Ho annuito col capo, sdraiata sul letto
Lui disse: "Se ti mostro le rose tu mi seguirai?"

Il terzo giorno mi portò al fiume
mi mostrò le rose e ci baciammo
E l'ultima cosa che udii fu una parola bisbigliata
mentre lui si inginocchiava sopra di me con una pietra nel pugno

L'ultimo giorno la portai dove crescono le rose selvatiche
E si distese sulla riva, il vento leggero come un ladro
E le diedi un bacio d'addio, dissi,
"Tutte le cose più belle devono morire"
la colpii e le piantai una rosa tra i denti

Mi chiamano la Rosa Selvaggia
ma il mio nome era Elisa Day
Perché mi chiamino così, non lo so
perché il mio nome era Elisa Day