06 maggio 2009

Happy Birthday, Pete

Pete & the Boss

Il 3 maggio scorso Pete Seeger ha festeggiato i suoi 90 anni con un concerto al Madison Square Garden di New York a cui hanno partecipato moltissimi artisti. Questo è il discorso che Bruce Springsteen ha tenuto in questa occasione:

Mentre io e Pete viaggiavamo verso Washington per la cerimonia di insediamento del presidente Obama, mi ha raccontato l'intera storia di "We Shall Overcome", di come si sia trasformata in una canzone del movimento operaio e poi, grazie all'estro di Pete, sia stata adottata dal movimento per i diritti civili.

E quel giorno, mentre cantavamo "This Land Is Your Land" ho guardato Pete. Il primo presidente nero degli Stati Uniti era seduto alla sua destra. E ho pensato al viaggio incredibile che aveva fatto Pete. Sapete, la mia stessa esperienza, l'essere cresciuto negli anni '60 in una città segnata dalle rivolte razziali, rendeva quel momento qualcosa di difficile da credere. E Pete aveva alle spalle trenta anni più di me di lotte e di vero attivismo. Era così felice quel giorno. Era un po' come dirgli "Pete, sei vissuto più di quei bastardi. Li hai seppelliti." È stato così bello. Così bello.

Alle prove il giorno prima, faceva un freddo cane. Erano tipo 10 gradi sottozero. E Pete stava là con addosso la sua camicia di flanella. Gli ho detto: "Ehi, faresti bene a metterti addosso qualcosa oltre alla camicia!", e mi fa "Sì ho la calzamaglia e la maglietta sotto questa roba".
Poi gli ho chiesto: "Come vuoi affrontare 'This Land Is Your Land'?" visto che sarebbe stata quasi alla fine dello spettacolo. E tutto quello che ha detto è stato: "Beh, so che voglio cantare tutte le strofe, tutte quelle che scrisse Woody, soprattutto le due che furono tolte, quelle sulla proprietà privata e sull'ufficio sussidi". E ho pensato, certo, è normale. Questo è quello che Pete ha fatto per tutta la vita: canta sempre tutte le strofe ogni volta, soprattutto quelle che ci piacerebbe lasciare da parte, quegli episodi della storia del nostro popolo che ci farebbe comodo ignorare.

Ad un certo punto, Pete Seeger ha deciso che sarebbe stato una memoria vivente e cantante di tutta la storia americana. Sarebbe stato l'archivio vivente della musica e della coscienza americana, una dimostrazione del potere della canzone e della cultura di guidare la storia, di spingere gli eventi americani verso fini più umani e giusti. Ha deciso che avrebbe avuto il coraggio e l'audacia di essere la voce della gente.

Ora nonostante l'aspetto da nonno benevolo di Pete, sapete, lui è una creatura di un ottimismo testardo, ribelle e cattivo. Porta dentro di sé una durezza d'acciaio che smentisce questa facciata da nonno buono, e che non lo fa indietreggiare di un passo dai principi in cui crede.

A novant'anni, rimane un pugnale piantato nel cuore delle illusioni che il nostro paese ha di sé stesso. Pete Seeger canta ancora tutte le strofe ogni volta, e ci ricorda i nostri immensi fallimenti, oltre a puntare una luce verso i nostri migliori angeli all'orizzonte, dove il paese che abbiamo immaginato e tenuto caro, speriamo, ci aspetta. E oltretutto non fa pesare questo suo ruolo per niente. Questo ruolo è diventato per lui qualcosa di naturale e disinvolto. E' una persona divertente e molto eccentrica.

La canzone che... - ora faccio uscire Tommy - e la canzone che Tom Morello ed io stiamo per cantare l'ho scritta a metà degli anni '90 ed è nata come una sorta di conversazione con me stesso. E' stato un modo di ritrovare le mie radici. E l'ultima strofa della canzone è il bellissimo discorso che Tom Joad sussurra alla madre alla fine di Furore (The Grapes of Wrath). Dice "dovunque un poliziotto picchia una persona, dovunque un bambino nasce gridando per la fame dovunque c'è una lotta contro il sangue e l'odio nell'aria cercami, mamma, e io ci sarò.". Ebbene, Pete c'è sempre stato. Sempre.



La traduzione è mia. La trascrizione proviene dal (super consigliato) speciale di Democracy Now
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