19 febbraio 2011

Esegesi dell'Inno di Mameli / Novaro

Il Benigni a Sanremo, nonostante le promesse, di questo benedetto inno non ne ha parlato poi tanto. Poi da un po' di tempo non fa neanche più ridere e questa retorica sul Risorgimento e sui re gentiluomini è francamente noiosa. Ho pensato allora che l'esegesi dell'inno italiano l'avevo già fatta anni fa, quindi vi ripropongo - con qualche piccolo adattamento - un pezzo che avevo scritto nel 2002. Naturalmente qualche riferimento è decisamente datato.

In questo momento l'inno nazionale gode di un'inedita popolarità... sarà per merito (o per colpa?) del presidente Ciampi, sarà per i mondiali. Lunedì ho visto la partita con l'Ecuador e quando hanno suonato l'inno, tutti si sono alzati in piedi (ci siamo, via, non potevo mica restare seduto...). Molti cantavano, mentre il Trap biascicava e Totti sorrideva. Non dico che non sia una bella cosa riscoprirci tutti così italiani in occasione di una partita di calcio, però sono convinto che se avessimo cantato Va' pensiero sarebbe stato un momento toccante, almeno grazie alla musica... con Fratelli d'Italia invece la scena era vagamente comica.

Obiettivamente bisogna ammettere che come composizione Fratelli d'Italia (anzi il Canto degli Italiani come l'aveva intitolato Mameli) non è esattamente un capolavoro. La musica è, più che una marcia... una marcetta... Il compositore che scrisse la musica, un certo Michele Novaro, non fu certo un secondo Giuseppe Verdi: era un maestro di musica genovese che fece una modesta carriera a Torino scrivendo un'opera buffa in dialetto genovese e che sarebbe stato tranquillamente consegnato all'oblio se non avesse scritto la musica di quello che poi sarebbe diventato l'inno nazionale. Anzi, in realtà è stato dimenticato lo stesso dato che tutti parlano dell'Inno di Mameli, ignorando il povero Novaro, che morì in povertà (potevano almeno chiamarlo l'inno di Mameli/Novaro, come Mogol/Battisti).

Goffredo Mameli Goffredo Mameli, anch'egli genovese, nacque nel 1827. Era un ragazzo di vent'anni, mazziniano e seguace di Garibaldi quando scrisse i versi che sarebbero diventati l'inno italiano solo nel 1946 con la nascita della Repubblica (l'inno del Regno d'Italia era la Marcia Reale, non certo i versi di quel repubblicano di Mameli!). Insomma bisogna anche capire il momento storico in cui quei versi furono scritti. Si dice che tutti a vent'anni scrivono poesie; chi continua o è un poeta o un cretino... non sapremo mai a quale categoria appartenesse il povero Mameli perché morì per le conseguenze di una ferita alla gamba riportata mentre si batteva per la repubblica di Roma nel 1849 a soli 22 anni.

I versi, pieni della retorica e del romanticismo dell'epoca, sono praticamente sconosciuti a mezza Italia, non solo ai calciatori. Gran parte degli italiani continua a cantare "Stringiamoci a corte" invece di "Stringiam'ci a coorte", perché nessuno gli ha insegnato cos'è una coorte ma forse anche perché si rendono conto inconsciamente di che orrore di licenza poetica sia "stringiam'ci"...

Alla prima strofa ne seguono altre quattro completamente sconosciute... possiamo onestamente criticare Trapattoni se non canta "Noi siamo da secoli/ calpesti, derisi / perché non siam popolo / perché siam divisi" prima di una partita della Nazionale? Ammetterete che, oltre che ricordare i versi "Quando ero piccolo / tutti mi scherzavano...", porta un po' sfiga?

Il buon Mameli scriveva sinceramente "Siam pronti alla morte" e infatti morì per i suoi ideali... ma voi vi sentite pronti alla morte per l'Italia?!? Io, onestamente, proprio no! Come cantava Brassens "moriamo per delle idee, d'accordo, ma di morte lenta!".

Tornando al nostro caro inno il momento più divertente arriva nell'ultima strofa quando Mameli se la prende con gli austriaci: "Gia l'Aquila d'Austria/ Le penne ha perdute. / Il sangue d'Italia,/ Il sangue Polacco,/ bevé col cosacco/ Ma il cor le bruciò"... però insomma i tempi cambiano ed è un po' da bastardi ricordare ancora oggi agli amici austriaci la caduta di un impero accaduta cent'anni fa. Poi perché prendersela tanto con l'Austria se lo Stato Sabaudo era sicuramente più reazionario e illiberale dell'Impero Austrungarico, tanto che gran parte degli abitanti delle terre "irredente", Trento e Trieste, dopo l'annessione all'Italia rimpiangeva la dominazione austriaca? Ma di questo non si può certo rimproverare il povero Mameli, che era repubblicano e democratico!

I figli d'Italia / Si chiaman Balilla... questo Balilla non c'entra molto con i balilla fascisti (e neanche con il calciobalilla), era il nomignolo di un ragazzo che durante la sommossa scoppiata a Genova nel 1746 tirò un sasso contro l'esercito austriaco... anche noi abbiamo avuto la nostra intifada. Ma vaglielo a dire ai nostri politici italianissimi, tutti invariabilmente filo-israeliani...

Ad essere sinceri bisogna dire che anche negli altri paesi non è che se la passino meglio di noi: la Germania ha potuto conservare solo una strofa dell'inno perché tutto il resto era una specie di apologia del nazismo, gli spagnoli non hanno salvato una sola parola dell'inno scritto ai tempi di Francisco Franco e devono cantare "Mmmmm.... Mmmmm..." un po' come i Crash Test Dummies. Anche la gloriosa Marsigliese ha un testo molto pulp con molto sangue sparso per le strade, donne sventrate, teste tagliate e altre delizie di questo genere.


Cosa salvare allora? Forse solo le rivisitazioni dissacranti. Hendrix che distorce The Star Spangled Banner a Woodstock, Serge Gainsbourg e la sua versione reggae della Marsigliese e, perché no, i CCCP dell'epoca in cui Mastro Lindo non si era ancora completamente bruciato il cervello che reinterpretano l'inno sovietico. Ma per Fratelli d'Italia c'è ben poco da dissacrare. Non ha proprio niente di sacro.



18 febbraio 2011

Il colore della terra


Il nuovo album di Pj Harvey, Let England Shake, è bellissimo, dalla prima all'ultima canzone. Si chiude con una perla che potrebbe essere una canzone folk scritta ai tempi della battaglia di Gallipoli. Il testo è semplice e tremendo. Si intitola The Colour of the Earth.

Louis era il mio più caro amico
combatté nella trincea del corpo di spedizione australiano e neozelandese
Louis corse in avanti dalla prima linea
non l'ho più visto
Più tardi nell'oscurità
Mi sembrò di sentire la sua voce
che chiamava la madre, e poi me
Ma non ce l'ho fatta a raggiungerlo
È ancora lassù su quella collina
Vent'anni su quella collina
Nient'altro che un mucchio d'ossa
Ma ancora penso a lui
E se me lo chiedessero risponderei
che il colore della terra quel giorno
era un rosso opaco e bruno
il colore del sangue, direi