21 novembre 2007

Somebody's sins... not mine!

Volevo scrivere dell'ultimo album di Patti Smith, Twelve. Dodici cover di dodici grandi canzoni degli ultimi quarant'anni. Ma poi mi è venuto in mente che più di trent'anni fa Patti Smith già interpretava canzoni scritte da altri. Nel caso di Gloria, però, la definizione di interpretazione è decisamente limitante.

Il pezzo originale era il grande successo degli Them, la band dell'irlandese Van Morrison. La forza della canzone stava nella sua semplicità. C'è chi parlava di tre accordi e la verità, ma in questo caso la verità passa in secondo piano: c'erano solo tre accordi, e talmente di base che l'umorista americano Dave Barry disse che prendendo una chitarra e facendola cadere per le scale... avrebbe suonato Gloria prima di arrivare in fondo.

Patti Smith utilizza il pezzo di Morrison, che era diventato uno standard del garage rock, come una tela su cui dipingere una storia moderna e poetica di trasgressione e peccato. Giocando sul nome non certo casuale della protagonista, trasforma Gloria in una rivendicazione dei propri peccati, esplicitando fino alla volgarità i riferimenti sessuali dell'originale, e - la cosa più spiazzante - raccontando quest'avventura metropolitana da un punto di vista tipicamente maschile.
Dal monologo iniziale accompagnato dal pianoforte un crescendo di chitarre ci conduce agli albori del punk e della new wave, in un delirio di suoni trascinante, provocatorio e provocante destinato a fare storia.

La traduzione della prima strofa è tratta dal blog di Babsi Jones, che non a caso la usa in un post che parla di omosessualità (è comunque una canzone cantata da una donna innamorata di un'altra donna), il resto è opera mia, con l'aiuto di Riccardo che mi ha confermato... quello che succede sul parchimetro.

GLORIA (IN EXCELSIS DEO)
Patti Smith 1975
Gesù è morto per i peccati di qualcuno ma non per i miei
mescolata a una ciurma di ladroni
ho un asso nella manica
un cuore duro come la pietra
i miei peccati sono miei
mi appartengono

La gente dice attenta!
ma non ci faccio caso
le parole sono solo
regole e regolamenti per me, me

Entro in una stanza, sai sembro così fiera
mi muovo in questa atmosfera, beh, tutto è permesso
e vado a questa festa, ma mi annoio e basta
Finché guardo fuori dalla finestra, vedo una cosa dolce e giovane
scopare appoggiata al parchimetro
oh, è così bella, oh è così meravigliosa
e ho questa sensazione folle e decido che la farò mia
le getterò un incantesimo

Eccola che arriva
camminando giù per la strada
ecco che arriva
entrando dalla porta
Ecco che arriva
strisciando su per le scale
Ecco che arriva
ballando il valzer nella sala
in un bel vestito rosso
E oh, è così bella, oh, è così meravigliosa
E ho questa sensazione folle e decido che la farò mia

E poi sento bussare alla porta
sento bussare alla porta
e guardo in alto verso la grande torre dell'orologio
e dico, oh mio dio, è mezzanotte
e la mia piccola sta entrando dalla porta
chinandosi sul divano mi sussurra qualcosa e io mi ci tuffo a pesce
E oh, era così bella e oh, era così meravigliosa
E voglio dire al mondo che l'ho appena fatta mia

E ho detto cara, dimmi il tuo nome, mi ha detto il suo nome,
me l'ha sussurrato, mi ha detto il nome
Ed il suo nome è, il suo nome è, ed il suo none è g-l-o-r-i-a
G-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria
G-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria

Ero allo stadio
C'erano ventimila ragazze che mi gridavano i loro nomi
Marie e Ruth, ma a dire il vero
Non le ho sentite, non le ho viste
ho lasciato che gli occhi si alzassero verso la grande torre dell'orologio
e ho sentito quelle campane suonare nel mio cuore
e fare ding dong ding dong ding dong ding dong.
Ding dong ding dong ding dong ding dong
contando i minuti, poi sei venuta nella mia stanza
e mi hai sussurrato qualcosa e abbiamo fatto un grande tuffo
e oh eri cosi bella, oh, eri così meravigliosa
E ho dovuto dire al mondo che l'ho fatta mia, l'ho fatta mia
fatta mia fatta mia

G-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria,
G-l-o-r-i-a gloria

E le campane della torre suonano, ding dong suonano
Cantano Gesù è morto per i peccati di qualcuno, ma non per i miei

Gloria g-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a,
Gloria g-l-o-r-i-a, g-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria
G-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria,
G-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria,
G-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria g-l-o-r-i-a gloria .

06 novembre 2007

Powers & Supplies: 6. Giammai con timore

"Vaciló y con esa voz llana, impersonal, a que solemos recurrir para confiar algo muy íntimo, dijo que para terminar el poema le era indispensable la casa, pues en un ángulo del sótano había un Aleph. Aclaró que un Aleph es uno de los puntos del espacio que contienen todos los puntos."
(Jorge Luis Borges,
El Aleph, 1949)

"En Ginebra me siento misteriosamente feliz"
(Jorge Luis Borges,
lettera all'agenzia di stampa EFE, 6/5/1986)


Il cimitero di Plainpalais sorge sulla riva sinistra del Rodano, non lontano dal centro di Ginevra, vi si accede dal numero 10 di Rue de Rois. Per trovare la tomba di Jorge Luis Borges, la numero 735 nella zona D-6, bisogna lasciarsi alle spalle sentieri che si biforcano, alberi antichi, cespugli ben curati e qualche fontana. La pietra della lapide è grezza e bianca, essenziale e concisa, come lo stile dello scrittore argentino. In alto si legge "Jorge Luis Borges", più in basso, sotto un'incisione con sette figure umane (forse vichinghi), è incisa un'iscrizione in inglese arcaico,"And ne forhtedon na". Infine sono riportate le date astratte che segnano gli estremi della vita dello scrittore: 1899-1986. La frase inglese significa "Giammai con timore!" ed è ripresa da un poema epico del X secolo in cui un guerriero arringa i suoi uomini prima della battaglia, affinché non abbiano paura della morte.

La tomba di Borges

"Certo non è la tomba di Jim Morrison... ma è interessante. Quindi almeno questo è vero, Borges sepolto qui a Ginevra. Ma perché proprio qui?"
In realtà Giovanni si stava chiedendo soprattutto perché fossero venuti in quel cimitero, uscendo prima dal lavoro un venerdì pomeriggio, per il gusto di dare ascolto alle parole di un folle.
"Sembra che Borges amasse molto Ginevra", spiegò Irene, "ci passò gli ultimi anni della sua vita e diceva addirittura che la città gli piaceva così tanto che qui si sentiva misteriosamente felice, te lo puedes creer? Cosa ci avrà mai trovato?"
"Sì, per forza gli piaceva. Era cieco..."
Naturalmente la risata di Irene scattò immediatamente attirando l'attenzione del guardiano del camposanto.
"Per favore, signorina, un po' di rispetto per questo luogo di pace eterna, e comunque sono quasi le cinque e mezza e vi devo pregare di uscire perché il cimitero chiude tra pochi minuti.".
In quella città chiudeva tutto tra le cinque e le sei del pomeriggio.

La ragione per cui Borges doveva rientrare nel Piano era evidente. Bastava pensare ai nomi dei quattro rivelatori di LEP, l'acceleratore che aveva funzionato al CERN dal 1989 al 2000. Delphi, L3, OPAL e... Aleph. Aleph, la prima lettera dell'alfabeto ebraico, dà il nome al punto dello spazio che contiene tutti i punti dell'universo. La conoscenza suprema, l'ombelico del mondo, il pozzo dell'immaginazione, il centro nevralgico dell'universo dove nasce l'energia.
Ecco svelato il mistero della felicità di Borges a Ginevra: stava prendendo parte al Progetto che inseguiva da una vita, esplorando nei suoi racconti il mistero delle infinite possibilità e della Conoscenza Assoluta, che si sarebbe realizzato quando nell'Aleph si sarebbe raggiunta l'energia sufficiente per aprire una finestra su tutto quello che è, che fu e che sarà, in un raggio miliardi di anni e milioni d'anni luce attraverso tutto lo spazio-tempo. La morte dello scrittore tre anni prima dell'inaugurazione dell'esperimento avrebbe fatto fallire il progetto. Si era scoperto che l'energia prodotta dal LEP non era abbastanza, ecco perché si era deciso di costruire un nuovo acceleratore, LHC.

Almeno questo era quello che sosteneva l'ispettor Varrin che, dopo l'increscioso incidente all'Hardronic Festival, aveva ancora segretamente continuato a cercare una pista occulta per il delitto. Dopo un mese di indagini che non avevano portato a niente, si era risolto a confidare a Giovanni la sua idea. La notte del 24 agosto, 108 anni dopo la nascita di Jorge Luis Borges, gli assassini si sarebbero radunati come tutti gli anni sulla sua tomba alla mezzanotte esatta per mettersi in comunicazione con il defunto e chiedergli consiglio. Probabilmente un'altra evocazione dello spirito di Borges si era svolta nove giorni prima del delitto, il 14 giugno, per il ventunesimo anniversario della sua morte. Quella notte sarebbe stata ricca di sorprese, ma il cimitero chiudeva alle cinque e mezzo.

"Ora bisogna trovare un modo di rientrare dentro prima di sera. - disse Giovanni - Hai paura dei cimiteri di notte, Irene?"
"Chi io?", disse Irene, che era famosa per essere incapace di guardare qualunque film anche lontanamente horror, "assolutamente no, la paura della morte l'ho superata a cinque anni. Ero andata ad Atene con i miei genitori. Mi avevano regalato un libro sull'Antica Grecia e quindi puoi immaginare il mio entusiasmo quando mi portarono al Partenone. E allora ho chiesto a mio padre:
'Papi, papi, ma davvero queste cose le hanno costruite gli antichi greci?'
'Sì, Irene, certo.'
'E dove sono gli antichi greci adesso?'
'Beh, Irene, gli antichi greci... sono morti.'
'tutti?!?'
e allora... iniziai a piangere come una disperata", ma mentre lo raccontava ora rideva come una pazza, "mentre mio padre non si teneva dal ridere... Comunque dopo quella volta ho superato questa paura e non ho... quasi... più paura dei cimiteri di notte."

Aspettarono qualche ora poi tirarono fuori un'imbracatura di sicurezza che avevano preso al CERN e che veniva utilizzata normalmente per lavorare sulle impalcature ("safety first!") e si arrampicarono uno dopo l'altra oltre la recinzione del cimitero.

Alle undici e mezzo, nascosti in una cripta poco lontana dalla tomba di Borges, sentirono dei passi avvicinarsi. Un gruppo di una quindicina di individui si radunò nella radura intorno alla lapide dello scrittore. Non potevano capire i discorsi ma si rendevano conto che il gruppo stava organizzando qualcosa.

A mezzanotte una potente lampada illuminò il gruppo e l'ispettor Varrin fece la sua apparizione con la pistola in mano.
"Polizia! Mani in alto, allontanatevi immediatamente dalla tomba di Borges!"
Ma la scena illuminata risultava ben diversa da una riunione esoterica per comunicare con un defunto. Nessuna traccia di medium, solo un gruppo di ragazzi spaventati, uno dei quali tentava di nascondere precipitosamente quello che stava fumando. L'unica cosa strana erano alcuni barattoli di vernice bianca pronti all'uso. Alla fine quello che sembrava il leader si fece avanti e parlò: "Ok, d'accordo, lo ammettiamo. Siamo noi quello che hanno modificato tutti i manifesti elettorali dell'UDC, abbiamo attaccato noi i lupi che cacciano le pecore bianche e abbiamo scritto 'fuori l'UDC dalla Svizzera per più sicurezza'. Però, mi sembra una reazione un po' spropositata mandare la polizia a spararci... non le pare?".
L'ispettor Varrin rimase senza parole. Anche lui aveva assistito alla campagna di propaganda razzista del principale partito svizzero contro gli immigrati, con la pecora nera buttata fuori a calci dalla svizzera. In fondo era un democratico, e anche lui era rimasto scandalizzato. Aveva pensato anche che magari sarebbe toccato a lui buttare fuori le "pecore nere", e non ne era particolarmente felice.
"Ma quindi non... stavate... cercando di mettervi in contatto con lo spirito di Borges?"
"Con lo spirito di chi?"
"Ok, cioè allora.. cioè.. mi scuso... quindi.. ma allora perché vi trovate qui a quest'ora?"
"Eh prima ci trovavamo nell'unica casa occupata di Ginevra, ma poi ci hanno buttato fuori. Hanno detto che l'esperienza dell'occupazione non aveva più senso perché l'alloggio non è più un problema in città... "
"Ok ragazzi, allora... andate pure... fate un buon lavoro con quei manifesti razzisti... ma mi raccomando non dite che un ufficiale di polizia vi ha incoraggiato, e soprattutto non fate parola della storia di Borges"
Di fronte a una scena tanto assurda la risata di Irene era inevitabile, così i due uscirono dal nascondiglio e si avvicinarono a Varrin.
"Quindi, ispettore, nessun complotto internazionale?"
"Ma cosa ci fate voi due qui? Vi avevo proibito di venire"
"Sì ma se la storia fosse stata vera non ci volevamo perdere lo spettacolo. Cioè in realtà non ce lo volevamo perdere in ogni caso."
In quel momento suonò il cellulare dell'ispettore.
"Che imbecille, non avevo neanche spento la suoneria con il rischio di farmi scoprire dagli assassini... Pronto? Sì commissario, come? hanno scoperto chi è la vittima? l'hanno riconosciuta? e perché solo adesso? ah pensavano fosse in viaggio, capisco. E di chi si tratta? Come? Età? Professione? Ah, agente immobiliare. Capisco.".

(6 - continua...)