Una canzone pop, di quelle che rimangono in testa inesorabilmente dopo il primo ascolto, magari l'abbiamo sentita migliaia di volte come sottofondo in decine di centri commerciali, sottopassaggi, negozi di dischi delle nostre città del nord... senza fare troppo caso al testo.
Nella loro semplicità, invece, le parole della canzone dicono tanto. Dicono della condanna sofferta da tanti immigrati che, in fuga dai mille sud del mondo, dalla fame, dalle guerre, si ritrovano in quel Nord che li condanna ad una vita clandestina in fuga, fantasmi nella città la cui vita va proibita.
Solo vado con la mia pena
sola va la mia condanna
correre è il mio destino
per fregare la legge.
Perso nel cuore
della grande Babilonia
mi chiamano il clandestino
perché non ho documenti
In una città del nord
sono andato a lavorare
la mia vita l'ho lasciata
tra Ceuta e Gibilterra
Sono una razza nel mare
fantasma nella città
la mia vita va proibita
dice l’autorità.
Quando ho pubblicato la traduzione come extra per le canzoni contro la guerra (ma quanto extra poi? quante volte le cause che spingono all'emigrazione sono da ricercare proprio in quelle guerre a cui assistiamo indifferenti magari fischiettando contenti marijuana ilegal...), mi arriva un commento che pone un dubbio sulla traduzione di raya, che può sì essere il pesce ma anche una traccia, o forzando leggermente il significato, una scia. Come a dire, non sono niente, passo e scompaio...
Solo vado con la mia pena
sola va la mia condanna
correre è il mio destino
perché non ho documenti
perso nel cuore
della grande Babilonia
mi chiamano il clandestino
io sono il fuorilegge
Mano negra clandestina
peruviano clandestino
africano clandestino
marijuana illegale
1 commento:
Grazie della bella frase di Calvino che hai messo tra i commenti al mio blog.
Stupenda la rassegna della stampa ginevrina!
A presto
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