01 dicembre 2005

Pensieri di un camionista rumeno al ritorno dal CERN

Tutto quello che segue è una libera rielaborazione, in linea di massima abbastanza fedele, di una chiacchierata con il suddetto giovane camionista, che ha portato un carico di Power Supply Unit da Torino al sito del CERN di Prévessin. Naturalmente mi scuseranno gli amici torinesi così maltrattati, d'altra parte non sono pensieri miei... Camion

... che poi ti dicono, non è mica male la vita del camionista, in confronto a tante altre, in fondo giri per il mondo vedi tanti posti poi stai lì nella cabina di guida e domini la strada, dall'alto ed è anche divertente guidare questi bestioni, sono Mercedes... ja, MerZedes, roba tetesca, mica FIAT, mica Iveco, capito? questi tedeschi quando vado a portare un carico in Germania o in Svizzera a volte cercano di parlarmi in inglese ma io glielo dico, guarda, è già tanto che so l'italiano... ormai ci vivo da dieci anni a Torino, parlo pure un po' di dialetto, ma coglioni come i torinesi proprio non se ne trovano, è che hanno sempre una fretta, una fretta... quando sono andato a Capua, ma anche in Lombardia o in Veneto, appena arrivi ti fanno "beh ci pigliamo nu bello caffé e poi scarichiamo" invece i torinesi, loro no, devono sempre fare in fretta, in fretta e tanto poi a fare tutto sempre di corsa il lavoro viene male, ma che ci vuoi fare sono coglioni, sun piemunteis... dev'essere l'acqua del Po che gli dà alla testa... fai conto che a Firenze, ora dico una coglionata, sono specializzati a fare i sedili delle macchine, ecco, ora c'è la crisi dell'auto faranno qualcos'altro, faranno vasche da bagno, armadi, frigoriferi, letti... no a Torino solo le macchine sanno fare... c'è gente che è stata alla FIAT trent'anni e per trent'anni è stata lì a montare la ruota di scorta, ci pensi, per trent'anni non ha fatto altro che montare la ruota di scorta, e poi non sa piantare un chiodo e se ha bisogno di fare qualcosa in casa deve chiamare per forza qualcuno che lo sappia fare... poi i miei amici me lo dicono sempre, ma vieni via, vieni a Firenze, vieni in Toscana, lo sai che vicino a Arezzo c'è un paese dove, su 100, 90 sono rumeni e 10 sono italiani? e tutti hanno trovato da fare... sì ma come fai, non puoi mica lasciare il lavoro da un giorno all'altro e allora avanti e indietro, su questo camion, Mercedes, sehr gut Mercedes, quando glielo dico i tedeschi sorridono sempre, comunque qualche parola in inglese gliela so dire, tipo "where is the forklift?", quando arriverà questo cazzo di muletto, ma dove lo vanno a prendere, a Brescia?
Alle undici e un quarto ci sono arrivato, lì al CERN, solo quattro ore e mezzo da Torino, passando il tunnel del Bianco... il giorno prima ero arrivato a casa la sera e non ho neanche visto mia moglie che aveva il turno di notte, guarda te, lei a fare l'infermiera di notte mentre io ero via tutto il giorno, e speriamo almeno stasera di arrivare a casa prima di cena, che lei alle otto deve andare a lavorare e anche noi siamo camionisti ma siamo persone, mica animali, e ci piace la sera tornare a casa e farsi una doccia e cenare e fare l'amore e dormire in un letto vero, sì perché in questo camion ci si può anche dormire... il capo mica ti può pagare l'albergo, ma non è mica vita questa, c'è gente che sta anche venti giorni su trenta via di casa, sempre in giro, sì poi è vero pagano anche bene ma insomma a me la sera piace tornare a casa: andare a Vicenza ad Alessandria, anche Milano... ma poi la sera tornare a casa. Che poi sembra facile, no? ti dicono, che ci vuole a fare il camionista, prendi e vai... ma vorrei vedere loro a fare il Monviso quando nevica, oppure quando ti danno il nome di una via che magari è lunga da qui a lì, dico la via, non il nome, anche se certe vie tedesche hanno il nome che è più lungo della strada, tipo Burgermeister-Keller-Strasse 26, Monaco di Baviera: non lo sai mica dov'è allora chiedi una, due, venti volte alla fine la trovi, ma poi in che lingua glielo chiedi? mica posso sapere il francese e poi il tedesco e poi l'inglese e lo sloveno e il croato e lo spagnolo e l'ungherese... ma sono un camionista rumeno non sono mica Riccardo Venturi... (va bene, d'accordo, forse questo non l'ha pensato, ma lasciate qualche libertà al narratore).
Insomma il capo mi fa, appena tornato dalla Germania, guarda, domani devi ripartire perchè questo carico dall'Istituto di Fisica deve arrivare assolutamente al CERN prima dell'una. Eh... che ci vuole, ci sono arrivato alle undici e un quarto, più preciso di un orologio svizzero, anzi in largo anticipo infatti mi hanno fatto aspettare fino alle due prima di scaricare, perchè il muletto sulla neve scivolava e io glielo avevo detto, guarda non ce la fai con il muletto qui sulla neve e loro, no, no, tranquillo, e infatti non c'è riuscito e siamo dovuti andare dove non c'era la neve... poi il tedesco mi dice, ma sì anche se arrivavano domani era uguale, ma allora... che poi non ho mica capito cos'era questa roba che trasportavo, mi hanno detto che costava un milione di euro ma non so mica se è vero... io gli ho anche risposto, scherzando, ah allora la rubo, ma tanto chi la vuole, serve solo lì, al massimo la rivendevo come ferro vecchio magari ci prendevo cento euro, non era neanche tanto pesante, solo 2000 chili, infatti si andava benissimo, anche in salita... che poi mi hanno detto che là sotto, robe da pazzi, c'è una caverna enorme di 27 km che poi mi hanno spiegato meglio, che non è una caverna tutta vuota di 27 km che se no eravamo già sprofondati tutti, no, è solo un tunnel, ma insomma... cento metri là sotto, ma poi chi lo sa cosa c'è in realtà sottoterra, non lo sa mica nessuno, anche a Torino ogni tanto scoprono una galleria segreta nuova, che non so quale re aveva sbucherellato tutta la città, dice che ce n'è una che arriva fino alla chiesa quella in alto... non voglio dire una coglionata ma saranno dieci chilometri, è quasi come quello di Ginevra, poi anche dentro un ponte sul Po, non hanno trovato una galleria? poi mi hano detto che questi aggeggi che trasportavo, tutti imballati nel polistirolo, servono per l'alimentazione elettrica, per la corrente, di non so bene che cosa, e, pensa, magari c'è qualcuno che deve passare dei mesi lì in ufficio davanti al computer a cliccare su un bottoncino, accenditi, spegniti, mah... non so, io anche quando vedo le segretarie da noi alla ditta, sempre lì chiuse in ufficio... non fa per me, no, no... in fondo hanno ragione: non è poi male la vita del camionista!

17 novembre 2005

Musica di liberazione americana

Vista la scandalosa latitanza di un nuovo diario dei naviganti (sarà una crisi di ispirazione molto grave?) vi presento qui una piccola introduzione / recensione / delirio che ho scritto per il brano Not In Our Name di Charlie Haden and Liberation Music Orchestra, nel sito delle Canzoni contro la guerra. Liberissimi di non leggerlo... d'altra parte era difficile produrre qualcosa all'altezza dell'intervista a me stesso.... ehmm... scherzo.

Questo sito di canzoni contro la guerra deve fare i conti con due tipi di difficoltà intrinseche nel nostro lavoro di archivisti, catalogatori e commentatori di lavori di altri.
La prima difficoltà e contraddizione dovrebbe essere posta come avvertimento in cima ad ogni pagina deduicata ad ogni canzone e sottolineata cento volte e, se non lo facciamo, è solo perché è banalmente evidente. Nel sito raccogliamo i testi delle canzoni, offriamo quindi una presentazione inevitabilmente parziale di ciò di cui ci sforziamo di parlare. Detto brutalmente, la canzone sul sito si può leggere ma non si può ascoltare! Certo, cerchiamo in ogni modo di fornire i link alle registrazioni disponibili sul web (e dobbiamo ringraziare Alessandro ancora una volta per il suo lavoro di ricerca di mp3) ma spesso questo è impossibile e si scontra con le più o meno giuste leggi sul copyright.

Bob Dylan by Daniel Kramer Ricordo che al liceo ho fatto un tema su Bob Dylan. Era una delle tante volte che era venuto fuori la proposta, o forse solo la voce infondata, della possibilità di assegnare al più grande songwriter americano il Premio Nobel per la Letteratura. Mi pare che allora, con entusiasmo giovanile, avessi appoggiato con passione questa proposta, con discorsi fin troppo facili sull'assurdità di una divisione tra una poesia e una cultura di serie A ed una considerata di serie B solo perché legata al consumo di massa e perché si serviva di voce, armonica e chitarra invece che di una penna e un foglio. Cercavo anche di vedere in un eventuale nobel per Dylan (del quale all'epoca conoscevo giusto quella quindicina di canzoni più famose, pur essendo probabilmente nella mia classe il più preparato sull'argomento...) anche un dovuto riconoscimento a tutti i vari cantautori e cantanti di musica più o meno leggera con qualcosa da dire e che sarebbero stati contenti di vedere premiato il loro illustre collega. Mi ero spinto addirittura in improbabili paralleli con la poesia classica, che, a quanto ci dicono, era cantata e non solo recitata ed era insomma a tutti gli effetti "canzone".

Circa dieci anni dopo, non riscriverei mai un tema così. Scriverei semmai che, se proprio al signor Dylan vogliono dare un riconoscimento, che si inventino il premio nobel per la canzone, se no sarebbe un po' come dare il premio nobel per la medicina ad un fisico. Perché una canzone è qualcosa di completamente diverso da una poesia. Ha quell'elemento in più, che spesso nel caso dei cantautori, viene trascurato o liquidato facilmente come un supporto accessorio: la melodia, il ritmo che impone la metrica. La musica di una canzone dà respiro, espressività, costruisce un nuovo significato, dà nuovo spazio alle parole. "Un vecchio e un bambino si preser per mano / e andarono insieme incontro alla sera", letta così, un po' cantilenante, può sembrare una filastrocchina da bambini, come dice anche il suo autore in un'intervista, è la melodia che dà quel respiro in più che la fa elevare da poesia mediocre a bella canzone. Altra differenza non da poco, la musica rende possibile e piacevole la ripetizione dell'ascolto di una canzone molte volte di più di quanto si possa leggere e rileggere una poesia e abbiamo il vantaggio di poterla ascoltare direttamente dalla voce del suo autore. Leggerne il testo ci dà un'idea molto parziale della canzone, è come leggere una sceneggiatura di un film di quelli con molti effetti speciali...

La seconda delle difficoltà insite nella natura di questo sito è la barriera linguistica. Abbiamo sempre cercato, durante la raccolta delle canzoni, di dare spazio a voci da tutte le parti del mondo, per sottolineare il carattere internazionale dell'opposizione alla guerra, un rifiuto che per fortuna si ritrova tra persone di tutte le nazioni e di tutte le culture. Il lavoro delle traduzioni, spesso fatte in "esclusiva" per il sito grazie soprattutto alla competenza e alla passione di Riccardo, ha permesso di abbattere la barriera e di far conoscere così a molti le parole di canzoni che altrimenti non avrebbero mai capito. Stiamo provando, insomma, ad affrontare la seconda difficoltà, ma, credetemi, è un lavoro enorme!

Nel caso dei pezzi strumentali, come questo che sto qui presentando prendendola scandalosamente alla larga, se la prima difficoltà rimane ancora valida, la seconda sparisce come per incanto. Il linguaggio della musica è universale, supera le barriere linguistiche e culturali, e arriva dritto al cuore di chi sa ascoltare. Certo, anche questo non è del tutto vero, anche la musica risponde a dei canoni che derivano dalla cultura ed è difficile apprezzare la musica di paesi con culture che non ci sono familiari. Un'azzeccatissima battuta di Daniele Sepe sulla cosiddetta "musica araba" ne è un esempio, a noi ci sembra tutta uguale anche quando non lo è: "musica araba" non vuol dire niente, è come se uno a Tunisi sente un pezzo di Zucchero e dice "mi ricorda un po' Mozart"...
Diciamo allora che i confini entro i quali possiamo comunicare con la musica sono molto più ampi e facilmente varcabili di quelli delimitati dalla lingua, e, a pensarci, ha dell'incredibile che il nostro orecchio e il nostro cervello siano fatti in modo da tradurre in emozioni delle onde sonore e che la nostra sensibilità funzioni "in scala logaritmica". La musica è il modo migliore di apprezzare intuitivamente, attraverso l'arte, una proporzione matematica. Non l'ho detto io, e non so se chi l'ha detto l'ha detto proprio così, comunque è un fatto affascinante.

La copertina dell'album
La copertina dell'album

Tutta questa lunga introduzione servirebbe in realtà a presentare questo pezzo di Charlie Haden con la Liberation Music Orchestra. Contrabbassista jazz divenuto famoso per la collaborazione con Ornette Coleman, Haden ha costituito nel 1968 quest'ensemble che rappresenta un'esperienza più o meno unica nella musica jazz, un genere che raramente, sia pure con notevoli eccezioni, è stato coniugato esplicitamente a istanze politiche e di impegno civile. Attraverso questo collettivo di free jazz nel quale è sempre stato fondamentale l'apporto degli arrangiamenti della pianista Carla Bley, Haden si è avventurato su terreni ben poco battuti della musica jazz. Il primo album della Liberation Music Orchestra era interamente dedicato alla guerra di Spagna e conteneva superbi arrangiamenti di brani classici del repertorio dei repubblicani, come El Quinto Regimiento, accanto a riproposizioni di pezzi fondamentali nella storia americana come We Shall Overcome.

L'album del 2005, intitolato Not In Our Name, si rifà direttamente a quelle istanze, come è simboleggiato dallo striscione originale del '68 di nuovo immortalato in coertina. Il titolo riprende il motto del nuovo movimento pacifista americano, per ricordarci ancora una volta che esiste un'altra America, che non appoggia la guerra permanente e preventiva del presidente, che riconosce nei problemi di oggi le stesse questioni che nel 1968 riguardavano il Vietnam.
Haden lo spiega chiaramente nelle note del disco:

"We were hoping sanity and justice would prevail. They lost out to greed, cruelty and injustice. The machine won the election again by hook and by crook; the way it won in 2000

We want the world to know, howewer, that the devastation that this administration is wreaking is not in our name. It's not in the name of many people in this country.

This co brings Carla and me together full circle-thirty six years after we made the First Liberation Music Orchestra Recording in 1968 when the Vietnam War was raging. The issues remain, and our opposition to the inhumane treatment of this universe remain.

[...]

So now, although we lost the election, we have not lost the commitment to reclaim our country in the name of humanity and decency.

Don't give up -- the struggle continues!

Charlie Haden and Ruth Cameron"
L'album si snoda in otto brani freschi e orecchiabili anche al primo ascolto, evitando le strade del jazz più difficile e sperimentale, rimanendo nella tradizione delle big band ma contemporaneamente risulta innovativo, moderno ed interessante. Ma che non è un album di jazz "puro" si capisce subito dall'apertura, con un arpeggio di chitarra. La title track è seguita da una versione strumentale reggaeggiante e trascinante di "This is not America", scritta da Path Metheny e originariamente cantata da David Bowie. È stata scelta per il titolo, naturalmente: questa non è l'America, quello che "esporta democrazia" con le armi chimiche non è il paese che vogliamo, e alla fine spunta beffarda anche una citazione di "The Battle Hymn of the Republic"...

Tra gli altri brani, un medley intitolato "America The Beautiful" in cui la canzone patriottica viene ripresa probabilmente per rispondere alle accuse di "antipatriottismo" regolarmente riservate ai pacifisti statunitensi, questo invece è un disco completamente e orgoglisoamente americano.
Si rimane nella tradizione con Amazing Grace, per finire con una adagio per archi di sapore quasi classico.

Un gran disco, che consiglio vivamente, che riesce a presentare l'altra faccia degli Stati Uniti d'America e ci porta un pizzico di speranza... grazie Charlie!

05 gennaio 2005

Lorenzo Masetti intervista Lorenzo Masetti

Un momento dell'intervista

IMPRUNETA - Dopo un lungo viaggio, entro nella casa dove vive Lorenzo Masetti. Tutto ha un'aria, come dire... familiare.

Intanto, perché hai infine accettato di concedermi questa intervista?

Sai, in fondo ci conosciamo da più di venticinque anni, mi sembrava di dovertelo... Poi ultimamente va di moda farsi intervistare da se stessi.


Ti riferisci alla Fallaci?

Sì, sono rimasto colpito quando in una libreria, poco prima di Natale, ho visto un'allegra compagnia di tre signore che discutevano se regalare la trilogia della Fallaci come segno di pace e riconciliazione per il Santo Natale... Sai, è un tipico esempio di atea che si autoelegge a difensore della fede, la specie più pericolosa. E in questo momento ho sotto gli occhi la pubblicità della sua trilogia (di cui Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci è l'ultimo capolavoro). C'è una citazione dal Vangelo, che dà l'idea della modestia del personaggio...

Cosa dice?

«E poi l'Angelo disse: Scrivi, perché ciò che dico è vero e degno di essere creduto» (Apocalisse di Giovanni, 21:5)

Anche tu vuoi mettere una citazione biblica per publicizzare questa intervista?

Sì: «Detto questo, spirò» (Luca, 23:46)

E cosa c'entra?

Niente, ma è l'unica che sapevo. Me l'ha insegnata il Bestia. Sono molto ignorante in materia.

Ma perché questa intervista? A chi vuoi che interessi quello che pensi, non sei mica un giornalista!

Perché, la Fallaci è una giornalista?

Dicevi prima del Natale, ma come mai ce l'hai tanto con questa festa e con le luci per le strade? Diventi antipatico e intollerante in quel periodo

Quello che mi dà noia è il fatto che il Natale, da festa religiosa si è trasformato non dirò nella festa del consumismo perché è banale e lo dicono tutti, perfino il papa, ma più che altro nella festa dell'ipocrisia. In realtà c'è ben poco da festeggiare, e quest'anno tra guerre e disastri naturali ancora meno. E la gente continua a fare a cazzotti per comprarsi la Playstation in offerta e a regalare il libro della Fallaci per Natale...

Ma ce l'hai proprio con lei... avrà il diritto anche lei di esprimere le sue idee.

Più che altro mi fa paura la maggioranza silenziosa che condivide le sue idee. Che sono basate su una visione terribilmente ristretta, egoistica e miope del mondo. A cercare commenti su Oriana Fallaci su internet si trovano forum che fanno veramente paura, pensare che ci sia gente che scrive queste cose è terrificante.

Sono pienamente d'accordo con te.

Anch'io

Bravo.

Bravo.

È un po' il problema di intervistare se stessi. Non c'è molto contraddittorio, non c'è par condicio.

Non è vero, a volte non sono d'accordo con me stesso. Sei un cretino...

Che imbecille... Comunque secondo me nel suo libro anche la Fallaci riesce a litigare persino con se stessa.

Sì, penso di sì, anche se naturalmente non ho letto il libro

Come tutti i critici...

Diceva Rino Gaetano: «Mio fratello è figlio unico perché non ha mai criticato un film senza prima, prima vederlo»

Ecco, parliamo un momento di musica.

Sì, diciamo che vivo in continuazione con la musica in sottofondo e che la musica è importante per me, perché quando è bella riesce a emozionare più di molte altre "forme d'arte", almeno nel mio caso. Sono appassionato del rock degli anni '60 e '70 e della canzone d'autore. Però ci sono anche tante band nuove, soprattutto nell'underground, molto valide e ultimamente mi piacciono anche alcuni pezzi di hip-hop, soprattutto quello meno "purista". Mi piacciono la new wave italiana ed il punk inglese e ascolto anche i cori russi, se mi capita. Non conosco molto di jazz, ma alcune cose che mi capita di ascoltare mi entusiasmano; la musica classica è purtroppo ignorata dai giovani in Italia, al contrario di altri paesi, peccato perché spesso è strepitosa, anche se devo ammettere molte colpevoli lacune. Mi piacciono le canzoni che raccontano una storia o hanno una storia dietro, e soprattutto - anche se un classicone si ascolta sempre con piacere - mi piace scoprire musica nuova, non necessariamente nel senso che sia appena uscita, anche nel senso di non averla ascoltata prima. Invece spesso mi pare che la maggior parte delle persone abbia un rapporto con la musica più "alla ricerca di conferme". Non c'è niente di male in questo, solo che in questo modo si finisce per ascoltare sempre gli stessi "hit personali" (che spesso sono gli hit personali anche di molti altri), e perdere il bello della scoperta. Nothing else matters, una bella canzone, ma quante volte si è sentita, e risentita?

Poi finché pur sentita e risentita una canzone è bella, va bene, ma quando... parliamo degli 883!

Ecco, musica per preadolescenti sfigati, che non mi piaceva neanche quando ero un preadolescente sfigato. Anzi proprio il fatto che non mi piacesse mi rendeva ancora più sfigato...

Beh stai esagerando, vuoi fare il superiore intellettuale, che aveva capito subito che gli 883 erano una schifezza...

Non voglio fare il superiore. È proprio una questione di gusti. Il nostro eroe Max ha una voce che fa pena, la musica fa schifo, i testi sono una aberrante serie di luoghi comuni di una gioventù provinciale squallida, discotecara, anni '80 in ritardo, la cui massima forma di trasgressione è andare sempre in due in motorino e vantarsene (ma fumatevi una canna, se proprio volete essere trasgressivi...). Mi direte: il fascino del trash... il trash non mi affascina, perlomeno non questo.

Certo che devi aver avuto un'infanzia triste, neanche conosci i cartoni animati.

Ognuno ha i suoi limiti. E poi la gente che parla di cartoni animati (escluso Simpson e Futurama, che sono del tutto atipici e usano il mezzo del cartone animato, ma non sono per bambini, sono satira per adulti e anche molto informati, perché è difficilissimo cogliere tutti i riferimenti) è perché li guarda ora... io semplicemente non li capisco, mi sembrano inguardabili, ma può darsi che sia perché non riesco ad apprezzare quel tipo di linguaggio....

Ma forse a molti piacciono, perché gli ricordano l'infanzia e tanti bei ricordi legati a quei momenti...

Anch'io da piccolo ho visto Herbye un maggiolino tutto matto, e se ci penso mi viene in mente quando l'ho visto con i miei nonni, ed è un bel ricordo della mia infanzia. Non per questo mi metto a parlare del maggiolino tutto matto con gli amici...

E le canzoni dei cartoni animati?

Magari qualcuna è anche bellina, l'ha scritta Vince Tempera. Però insomma c'è di meglio nel mondo. Magari uno conosce tutte le canzoni dei cantoni animati e poi dici A day in the life o All along the watchtower, o Purple Haze e... vuoto assoluto.

Come i gruppi nuovi che fanno le cover dei pezzi vecchi spacciandoli per loro...

Di chi è Behind blue eyes? Chi risponde Limp Bizkit...

Ormai che siamo a fare la parte dell'antipatico, qualche altra cosa che non sopporti...

Striscia la notizia e quelli che dicono che è un grande programma, che è un esempio di controinformazione o di libertà nel cuore dell'impero del biscione. Solo comicità volgare e molto qualunquismo.

Progetti per il futuro?

Beh più che altro vorrei laurearmi, perché la vita da studente è bella, ma mi ha un po' stufato. Insomma sarebbe l'ora. Poi mi piacerebbe parlare un po' meglio lo spagnolo e studiare anche un po' di francese.

Beatles o Rolling Stones?

Rolling Stones

John Lennon o Paul McCartney?

John Lennon

Guccini o De André?

De André

Oasis o Blur?

Blur

Mozart o Beethoven?

Beethoven

883 o Eros Ramazzotti?

Argh

La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio?

Che domanda stupida. Da te non me la sarei mai aspettata! Questa intervista sta degenerando.

Davvero. Forse è meglio che me ne vada...

Eh sì, perché l'Impruneta è un po' lontana

Veramente abito anch'io qui!

Ah sì?

01 gennaio 2005

Dove trovare i vecchi diari

Ho ricopiato nel blog alcuni degli ultimi articoli, ma per i diari precedenti vi rimando direttamente all' archivio dei vecchi diari sul mio sito.